All’evento odierno, all’Auditorium Parco della Musica, è stato dato il nome di “Azerbaijan Night”. In verità si tratta di tre distinti momenti: il concerto del Kronos Quartet, quello dell’Alim Qasimov Ensemble ed infine una ‘session’ tra i due gruppi.
Non si può non apprezzare che qui a Roma, città ormai di tante culture e di tante religioni, si dia spazio a formazioni che ci portano in contatto con un popolo ed una storia così lontani.
E in questa prospettiva ci sono forse più familiari i brani del Kronos Quartet, nella forma classica del quartetto d’archi, che quelli del Qasimov Ensemble. Il fantastico quartetto americano, fondato nel 1973 da David Harrington, ci ha proposto due composizioni di Franghiz Ali Zadeh (1943, Baku Azerbaijan). Brani ‘circolari’ dove una spinta spirituale, verso l’alto, viene lentamente compensata da un crescendo di sensualità. E’ un artificio vecchio come il mondo, caro anche ai nostri poeti del dolcestilnovo, per mimetizzare il tema dell’amore tra gli uomini all’interno di un alveo, più socialmente accettabile, del dialogo con Dio.
Più difficile, per chi vi scrive, comprendere la realtà complessa del Mugam, uno stile musicale che intarsia scale modali a momenti improvvisativi, con drammatizzazione poetiche. Troppo complessa è,infatti, la trama culturale del popolo azero, con apporti dall’Iraq, dalla Turchia e dall’Iran. Ma questo ci stimola anche a compredere meglio, e con maggiore umiltà, una realtà antropologica così distinta eppur così ricca di fascino e di evocazioni.
E’ una piazza molto grande, il mondo, ancora tutta da esplorare. E la musica ha sempre, o quasi, il potere magico di allontanare i pregiudizi nei confronti dell’Altro, dello Straniero, dell’Infedele. Per scoprire che nel fondo l’animo umano è assai simile a sé stesso a prescindere dalle latitudini o dai colori della pelle.
Marco Lorenzo Faustini