(sold out oltre ogni limite). Il tour è ancora quello successivo a “Scratch My Back”, lo splendido album di cover che per l’occasione viene riproposto quasi per intero con l’accompagnamento di un intero ensemble musicale , la New Blood Orchestra, diretta dall’ottimo Ben Foster.
E’ lo stesso Gabriel ad introdurci, con un italiano quasi perfetto, verso ciò che vedremo nel corso della serata: una prima parte dedicata all’ultimo album e la seconda più “rock” e per il popolo (che infatti risponde con un boato all’annuncio). L’istrionico artista è riuscito nel corso della serata ad emozionare un pubblico all’inizio non proprio benevolo, per via di qualche minuto di ritardo, con interpretazioni di rara intensità di canzoni quali “Heroes” di Bowie, “The Boy In The Bubble” di Paul Simon, ma anche pezzi di artisti più giovani, come “Mirrorball” degli Elbow (gruppo fin troppo sottovalutato da noi) o “Street Spirit” dei Radiohead che, insieme a “Philadelphia” di Neil Young e “The Power Of The Heart” di Lou Reed, ha rappresentato il momento più alto e commovente della serata.
Lo stacco di quindici minuti tra una parte e l’altra dello spettacolo ha fatto sì che si creasse il clima perfetto per la parte più attesa dai fan di Gabriel, quella delle hits. La presenza dell’orchestra ha reso il tutto inevitabilmente più pomposo, ma ha dato nuova luce a pezzi stupendi quali “Red Rain”, “Downside Up” e “San Jacinto” e regalato diverse chicche (così le ha definite lo stesso Peter) difficili da dimenticare. I bis, immutati rispetto alle altre date, hanno portato con sé la classica nostalgia da fine concerto, uniti all’esplosione di gioia del pubblico che, nonostante i divieti, si è riversato ai bordi del palco. Così come dovrebbe essere ogni platea che si rispetti.
Luca Garrò