Disturbed, Dan Donegan: abbiamo voluto fare un regalo ai nostri fan

disturbed intervista 2010

Band dal successo disumano negli Stati Uniti, i Disturbed sono tornati nei negozi negli ultimi giorni dell’estate 2010 con il nuovo “Asylum”. Un successo annunciato, con il quarto debutto consecutivo al primo posto di Billboard che conferma i Nostri come band di punta del panorama heavy statunitense.

Fama non replicata però in Europa, dove sono riusciti a sfondare solamente in Regno Unito e Germania. Parliamo della nuova fatica con il chitarrista Dan Donegan, membro fondatore del gruppo dalla storia ormai decennale. La consapevolezza di essere un grande nome e il desiderio di voler rinnovare il sound a piccoli passi, senza tradire quello che è ormai un vero e proprio marchio di fabbrica, è quanto emerge dall’intervista.

Il vostro ultimo disco, “Asylum”, è di fatto il più pesante dai tempi di “Believe”. La scrittura  è stata per voi un processo naturale o avete ascoltato alcuni vostri fan, che volevano un ritorno al passato?
“Asylum” è nato in un modo piuttosto naturale. Come praticamente tutti i nostri dischi, tutto è nato dopo una breve pausa al lungo tour di supporto che abbiamo fatto, in questo caso per “Indestructible”. Siamo andati in sala prove, abbiamo preso i nostri strumenti ed abbiamo iniziato a suonare. La nostra musica non ha segreti o particolari formule: il tutto è per noi un qualcosa di spontaneo. I riff e le parti di batteria sono l’input e il perfetto sottofondo per la voce e i testi scritti da David Draiman, ispirati a fatti personali o ai suoi feeling.. idee che si sposano alla perfezione con il sound della nostra band. Proprio in questo “Asylum”, come potrai leggere dai testi, la mano di David si è fatta sentire in maniera influente.

L’accoppiata “Remnants”/”Asylum” è diversa rispetto a quanto ci avete abituato finora: un lungo intro e un pezzo che, in totale, supera i sette minuti di durata. È per voi un nuovo inizio, un qualcosa che vi porterà a scrivere pezzi più lunghi in futuro?
Se devo essere sincero, non ci siamo mai posti il problema della durata di una nostra canzone: il nostro scopo, come musicisti, è quello di proporre in musica quello che vogliamo dire e trasmettere all’ascoltatore. “Remnants” è per noi una sorta di esperimento, il nostro primo pezzo strumentale perfetto da agganciare alla title track, che casualmente è il primo brano che abbiamo iniziato a scrivere del nuovo disco. E proprio questo fatto fa emergere la nostra voglia di sperimentare appena entrati in studio: potrai sentire i Disturbed che si riscaldano dopo una pausa, iniziano a provare e a scrivere qualcosa di nuovo partendo da un riff. E quello che, per noi, era una sorta di prova è stato registrato per poi essere pubblicato come “Asylum”; parlando di esperimenti, nel pezzo è possibile sentire anche un mio assolo, semplice e melodico.

In “Asylum” avete anche allegato il dvd “A decade of Disturbed”, nel quale ci mostrate il speciale rapporto tra voi e i vostri fan. A cavallo tra il secondo e il terzo millennio, vi sareste mai aspettati di ottenere una fanbase a livello mondiale in solo dieci anni?
Parlo dal punto di vista personale: sin da quando ero ragazzino il mio sogno era di diventare musicista e suonare dal vivo di fronte a migliaia di persone. Dopo dieci anni di carriera posso solo dirti che i risultati ottenuti sono per noi ottimi, la nostra è stata una carriera nella quale abbiamo superato molte difficoltà e raggiunto importanti traguardi. Tutto questo grazie anche ai nostri fan e all’immenso supporto che ci hanno dato, ai quali abbiamo voluto fare questo regalo molto importante. “A decade of Disturbed” è una sorta di viaggio nella storia della nostra band, da quando eravamo ancora un gruppo da garage fino a quel che siamo diventati ora. Abbiamo voluto mostrare non solo i Disturbed musicisti, alle prese con i concerti o le registrazioni in studio, ma anche le persone, con alcune riprese della nostra vita privata al di fuori della band.

Lo scorso anno ho parlato della crisi economica e finanziaria con David. Dopo un anno, c’è stato un cambiamento o no?
E’ molto strano e forte che questa cosa non si sia risolta in breve tempo e che, anzi, duri da ormai più di due anni. Secondo me, di fronte a crisi come questa la cosa migliore è rimanere comunque ottimisti e positivi. Quando arrivi a momenti così duri dal punto di vista finanziario e non sai dove sbattere la testa di fronte a queste enormi difficoltà, la musica è un qualcosa che ti può venire in aiuto e che ti può dare un attimo di svago e distrazione. È importante che, anche solo per un momento, le persone si possano isolare e trovare in essa un vero e proprio mezzo di fuga dalla quotidianità.

Sarete in Europa per l’edizione 2010 del Taste of Chaos, con Papa Roach, Buckcherry e Halestorm, per più o meno una ventina di spettacoli. Siete pronti per questa serie di concerti ?
Ogni volta che torniamo a suonare in Europa siamo sempre molto entusiasti ed eccitati a riguardo. Il vostro continente è sempre stato per noi una grossa sfida: mentre negli Stati Uniti abbiamo fatto colpo già dagli esordi, da voi abbiamo dovuto suonare ovunque e fare molti concerti per arrivare ad un successo che, comunque, riteniamo sia più che buono, avendo guadagnato la stima di moltissimi fan. Un tour europeo ci stampa sempre il sorriso in faccia perché questo vuol dire, per noi, fare una lunga gita e suonare per dei fan molto devoti ed “intensi”. Con il passare degli anni iniziamo a vedere molte facce per noi familiari ai vari concerti, visto che abbiamo avuto diverse possibilità di suonare in Europa nel corso della nostra carriera, ed ogni volta è nostro dovere offrire loro il miglior show possibile.

Ok, ma perché nessuna data in Italia? Il vostro ultimo concerto dello scorso anno è stato un successo..
Amo l’Italia ma, sfortunatamente, dai tempi del nostro primo concerto nel vostro Paese nel 2000-2001 siamo venuti pochissime volte, l’ultima proprio nel 2009. Sappiamo che l’Italia è un mercato piuttosto importante e che ci sono moltissimi fan della musica heavy metal: sarà nostro compito cercare di programmare anche in Italia una serie di concerti e, se possibile, venire a suonare da voi più frequentemente di quanto fatto finora!

Nicola Lucchetta

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