Agli italiani il compito di aprire la serata marchiata NYHC. Pur avendo dei suoni perfetti (di fatto, gli stessi delle altre band) e, consci di essere di fronte all’occasione della vita, lo show dei romani stenta a decollare. Brani troppo simili tra loro e un pubblico già numeroso ma freddo sono gli ingredienti di un concerto delusione.
Inizio bomba per i Madball del potente Freddy Cricien: “Set it off” spalanca le porte a quell’hardcore cadenzato che ha fatto scuola e figli (es. Hatebreed) in giro per il mondo. L’impatto sonoro creato dai Nostri è impressionante, grazie anche al fresco innesto di Igor Wounters (attuale batterista degli olandesi Born From Pain), per ora semplice turnista al posto del defezionario Jay Weinberg. Bella la scelta dei brani, con estratti dal recente “Empire”, senza sacrificare i cavalli di battaglia dei Madball come “Smell the bacon” e “We the people”, piazzate negli slot alti della scaletta, e brani più sincopati e crossover come “Hold it Down” e “Down by Law”. Il difetto che però emerge nell’ora risicata di spettacolo è che alla lunga i pezzi si somigliano e, a chi non è fan del genere, il concerto poteva risultare molto noioso.
La carica della band dei fratelli Koller è nota al pubblico, ma anche agli stessi addetti ai lavori: dalla stampa agli stessi componenti di altre band, troppi sono gli attestati di stima nei confronti dei newyorkesi Sick Of It All. E anche lo show di Roncade arriva a confermare quello che, di fatto, è lo status di gruppo fra i leader della seconda ondata del punk hardcore americano. Rispetto alle altre due band, i SOIA hanno dei suoni più abrasivi e “ricchi di alti”: questo però non significa che la proposta sia più leggera o meno travolgente degli altri. Anzi: a livello di carisma e di energia i Sick Of It All surclassano molti complessi, anche ben più giovani.
Da apprezzare soprattutto la consapevolezza che, al contrario di molti nomi storici, anche il nuovo materiale meriti ampio spazio in setlist: il risultato è che, affiancate ai brani storici come “Scratch the Surface”, “Built To Last” e “Us vs. Them” (con tanto di wall of death), troviamo varie tracce prese dagli ultimi dischi, “Death To Tyrants” e “Based On A True Story”, come ad esempio “Take The Night Off”, “Uprising Nation” (accolta con un boato) e “Death Or Jail”. Un’ora di show che si candida ad essere tra i momenti più alti, dal punto di vista emotivo, della seconda metà del 2010.
Tutto questo anche perché, per volere delle band, non c’erano transenne: quindi stage diving, body surfing e tante pacche sulle spalle a chi era sul palco per suonare. Come ai vecchi tempi. Come dovrebbe essere nella musica dal vivo.
Nicola Lucchetta