In pochi avrebbero scommesso anche un solo euro in un ritorno dei Pooh dopo l’abbandono di Stefano d’Orazio lo scorso anno. E quasi nessuno un come-back con il botto.
Che è quello che invece si è visto già pochi mesi dopo la sofferta separazione: un disco, “Dove comincia il sole”, che ha raccolto consensi a destra e a manca, e un tour che ci ha presentato una band che con il passato ha in comune solo un repertorio vastissimo, costruito in più di quarant’anni di onorata carriera.
Sì, perché i Pooh (o almeno, Battaglia-Canzian-Facchinetti più tre turnisti d’eccezione), nella loro “nuova vita” rispolverano quell’aria progressive che sembrava persa dopo gli ultimi anni. L’inizio, con la epica suite “Dove comincia il sole”, ci fa vedere una band diversa rispetto al passato, con luci magistrali e un impatto sonoro degno dei più importanti rock act internazionali. Dei Nostri, è Dodi Battaglia quello che guadagna di più dalla rinascita del combo: riff e lunghi assoli (accolti da applausi scroscianti, soprattutto quello della title track dell’ultimo disco) per quello che è uno tra i chitarristi simbolo della musica popolare italiana.
Lo show messo in piedi dai Pooh non si discosta molto da quanto fatto in passato: una prima parte fatta per soddisfare i musicisti e i palati più raffinati, e la seconda ricca dei classici conosciuti da tutti, pronti a far felici i fan più “casual”. Pochissime le sorprese: escludendo il cambio di formazione, la sola “Il tempo, una donna, la città” è la perla inaspettata del passato, raramente proposta dal vivo in passato. Per il resto, uno show navigato potenziato dall’apporto di turnisti d’eccezione, ma macchiato da alcune ombre che minano un giudizio comunque positivo: nello specifico, una “Amici per sempre” che, viste le ultime vicissitudini perde un po’ di senso, e le marchette pubblicitarie fatte dalla band durante lo show per i vari sponsor.
I Pooh sono tornati e, onestamente, in gran forma. Senza togliere nulla ai meriti umani, dal punto di vista carismatico e manageriale, di Stefano D’Orazio, una domanda sorge spontanea alla fine del concerto di Conegliano: come sarebbero stati i Pooh con un batterista di livello come Steve Ferrone? Ai posteri l’ardua sentenza..
Nicola Lucchetta