Costruire un intero album su una cassa in 4/4 è capacità di molti. Solo in pochi, però, riescono a creare un prodotto interessante; ed è questo il caso degli Architecture in Helsinki. Dopo Place Like This, uscito 4 anni fa, gli australiani tornano a far ballare il pubblico con il loro pop, che viene esplorato in tutte le sue sfumature e accezioni, dall’indie-pop commerciale alla disco. Moment Bends, in uscita il 19 aprile, è farcito di un numero considerevole di influenze e di suoni, che allontanano la band da una larga fetta del panorama musicale odierno, ponendola su un bel piedistallo.
Gli Architecture In Helsinki creano un perfetto equilibrio tra pezzi decisi e ballabili e brani più distesi. L’utilizzo di strumenti convenzionali come chitarra e basso si alterna all’utilizzo di sintetizzatori e gears innovativi, creando una varietà di suoni a dir poco interessante.
Le influenze electro la fanno da padrone nel singolo estratto dall’album, Contact High, in cui confluiscono echi alla Kraftwerk e alla Daft Punk, con linee vocali doppiate in diverse tonalità, espediente presente in buona parte delle produzioni electro meno recenti. Della stessa pasta anche I Know Deep Down e Denial Style, che mettono in scena il pop anni ’80 con un sintetizzatore imponente e una voce ripiena di effetti. That Beep si candida per il titolo di brano più ballabile di tutto il disco: cassa e rullante secchi e d’impatto, che creano un ritmo ben scandito insieme alla voce. Tra i brani più “tranquilli” troviamo in apertura Desert Island, che fin dalle prime note sembra ricordare Walls Fall Down, se non altro per il controtempo vagamente reggae, accompagnato da una linea vocale evocativa e facilmente orecchiabile; W.O.W., che si avvicina alla disco più recente, e Sleep Talkin’ si alternano ai brani di matrice più indie-rock, molto vicina alle sonorità dei Franz Ferdinand, e Yr Go To. B4 3d, il pezzo più “romantico” di tutto l’album, posto a ragione in chiusura, completa un quadro sicuramente vario e originale.
Dunque, un lavoro sicuramente più interessante dell’ultimo Places Like This, che aveva lasciato un senso di suspence e la speranza di un ritorno al vero pop alla Architecture In Helsinki. Ciò detto, preparatevi a ballare, i veri Architecture In Helsinki dall’Australia sono tornati.
Gregorio Setti