Serata di gala a Padova per tutti i thrasher d’annata e giovani leve di un genere durissimo a morire. Presso il Gran Teatro Geox oltre 2,500 persone si sono radunate per la seconda tappa italiana dell’European Carnage Tour 2011. Megadeth e Slayer hanno regalato alla caldissima platea quasi tre ore di metallo, a volumi elevati e senza alcuna sosta. Hanno aperto i Sadist, buon warm-up per i fans in attesa delle due leggendarie band americane e tantissimi applausi a un act italiano troppo spesso sottovalutato ma capace di rivelarsi inappuntabile sotto il profilo tecnico-esecutivo sopra a un palco.
I Megadeth sono tornati a essere una macchina da guerra. Certo l’età è quella che è, la perfezione assoluta raggiunta nei primi anni novanta nella formazione storica con Menza dietro le pelli e Friedman alla sei corde sarà per sempre impossibile da replicare, ma l’incarnazione 2011 di Mustaine e dell’immenso Ellefson si conferma in stato di grazia dopo il grandissimo “Endgame” del 2009. Broderick alla chitarra si perde forse solo una volta sull’arpeggio centrale di “Holy Wars“, per il resto è un robot sui vecchi pezzi e ha il suo tocco su quelli nuovi. Drover dietro la batteria è lineare, troppo ovviamente, ma oramai abbiamo imparato ad accettarlo e se la band gira in fondo è anche merito suo. MegaDave canta anche benino senza faticare, si mostra grato al pubblico per l’accoglienza ricevuta e spara tredici pezzi (pochini purtroppo, benchè la presenza di “Poison Was The Cure” valga triplo) senza mai fermarsi. Junior invece (aka David Ellefson per chi vive sulla luna, ndr) è tornato dopo un esilio forzato ancora più figo di prima: esecutore instancabile, ci dà di bestia di headbangin’ e di interazione con le prime fila che, manco a dirlo, lo adorano. Chissà se il nuovo album uscirà sul serio entro l’estate, inutile dire che non vediamo l’ora di rivederli a luglio nell’ambito del Big Four.
Gli Slayer hanno esagerato. In senso buono ovviamente. Crediamo con cognizione di causa che il pubblico non fosse preparato all’uragano sonoro che ha travolto il Geox poco dopo le 22. Sottolineando nuovamente come la struttura ospitante possa godere di un’acustica ottima, anche quando i decibel diventano miliardi, la potenza di Araya e compagni è stata clamorosa. Setlist da urlo, con recupero di alcune canzoni date oramai per sepolte (“Antichrist“, “Black Magic” e “Temptation” sono state incredibili), volumi impossibili e una voglia di ammazzare tutti che raramente avevamo constatato durante le esibizioni open air degli ultimi anni. Gary Holt, sostituto temporaneo di Jeff Hannemann, ha dato molto alla causa, sbattendosi come un ossesso dall’inizio alla fine, Araya ha azzardato anche qualche acuto old school e l’ha fatta da padrone dietro al microfono. King non passa mai inosservato e infine abbiamo finito tutti gli aggettivi per Dave Lombardo per definirne l’assurda abilità dietro la batteria.
Un massacro dolcissimo a cui tutti i convenuti hanno partecipato con gioia primordiale. Saranno anche vecchi ma la voglia di appendere gli strumenti al chiodo pare ben lontana. E meno male, aggiungiamo noi.
Setlist Megadeth: Trust, In My Darkest Hour, Hangar 18, Wake Up Dead, 1,320′, Poison Was the Cure, Sweating Bullets , She-Wolf, Headcrusher, A Tout Le Monde, Symphony of Destruction, Peace Sells, Holy Wars…The Punishment Due.
Setlist Slayer: World Painted Blood, Hate Worldwide, War Ensemble, Postmortem, Temptation, Dead Skin Mask, Silent Scream, The Antichrist, Americon, Payback, Seasons in the Abyss, Snuff, South of Heaven, Raining Blood, Black Magic, Angel of Death.
Jacopo Casati, Nicola Lucchetta