Il mondo della musica spesso è ingiusto: puoi seminare pochissimo e raccogliere molto, ma puoi anche essere quello che di fatto spiana la strada ad un intero movimento e poi, dopo una serie di anni, trovarti di fronte a “poche” persone, ma con l’apprezzamento di tutti i gli addetti del settore. Il secondo caso è quanto successo a tantissimi nomi, tra cui i The Get Up Kids: tra i pionieri della seconda ondata emo della metà degli anni Novanta, non sono bastati una serie di lavori di qualità e la stima di una lunga serie di musicisti (Mark Hoppus dei Blink 182 li ritiene una delle sue influenze più importanti) per far raggiungere loro i numeri importanti, che siano un contratto con una major o il riempire i palazzetti.
A loro comunque va benissimo così, e lo hanno dimostrato anche a Roncade: più che ad un concerto sembrava di essere ad un’intima serata tra amici, con sorrisi, chiacchiere e continui ringraziamenti. E come sottofondo una lunga serie di brani che, dal punto di vista storico, rientrano di diritto nelle pagine di storia dell’alternative rock statunitense. Anche i brani dall’ultimo “There Are Rules“, release che non ci aveva particolarmente esaltato, in sede live guadagnano diversi punti; alla più recente fatica il ruolo egemone nella scaletta, insieme a quel “Something to Write Home About” da molti ritenuto il loro masterpiece.
I ragazzi sono cresciuti: c’è chi ha fondato nuove band, chi si è dedicato a progetti solisti e chi, come James Dewees, ha assaggiato i grossi palcoscenici con i My Chemical Romance. E la sensazione è che questi anni di pausa hanno potuto giovare ad una band come la loro: tecnicamente non sono stati eccelsi, ma hanno ripagato le sbavature con un grosso impatto emozionale, soprattutto in canzoni come “Woodson” e “Shorty”, piazzate una dietro l’altra a metà scaletta. Spazio anche per una cover, quella “Beer For Breakfast” dei The Replacements piazzata ad inizio encore: ok, non avranno fatto “Girls And Boys” dei Blur come in altre date, ma la scelta resta comunque un simpatico modo per chiudere una serata nella quale i presenti hanno rispolverato i ricordi della seconda metà dei Novanta. Pochi teenager, tanti quasi trentenni e qualche capello bianco: sì, gli anni passano per tutti, non solo per le band, e arrivano anche quelli. Oltre a qualche chiletto di troppo.
Nicola Lucchetta