Concerto Negrita Padova Palafabris 3 febbraio 2012

Sbarcano a Padova i Negrita, per il secondo della breve serie di concerti che hanno programmato per i primi mesi del 2012. Ad accoglierli non c’è stata la neve, come sarebbe successo in qualsiasi altro angolo d’Italia, ma un freddo polare che non ha comunque scoraggiato i numerosi fan accorsi: escludendo qualche spazio vuoto nelle gradinate laterali, il Palafabris si è rivelato alla conta finale pienotto. Delle tre produzioni seguite direttamente da Livenation Italia (aggiungete Modà e Negramaro), i Negrita sono forse quella con meno appeal per il pubblico nazionale, ma di sicuro è il gruppo più esportabile del lotto. Pur essendo radicati nella cultura rock nazionale, e non solo per l’utilizzo pressoché esclusivo della lingua italiana, le contaminazioni con l’alternative rock e la musica latina rendono la loro proposta appetibile anche all’estero. La loro attitudine cosmopolita non è comunque una cosa “nuova”, messa in atto per cavalcare una presunta moda del momento: la contaminazione come motore dei Negrita era già intuibile nelle ritmiche funk di “Cambio“, il primo singolo piazzato ad inizio setlist. Come se la band volesse dare un messaggio ai loro fan di questo tipo: “ok, siamo famosi, ma il nostro passato non lo lasciamo nello scatolone“.

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Messaggio che si respira però solo in questa primissima parte di concerto: tutti gli altri brani infatti sono estratti da tutte le uscite da “Reset” (incluso) in avanti. Già al secondo pezzo, infatti, sarà il dilagare di canzoni proposte dalle ultime due release, “Helldorado” e “Dannato Vivere“: magari leggeri su disco, nella dimensione live canzoni come il recente singolo “Fuori Controllo” guadagnano diversi punti per livello di potenza sonora. Lasciando da parte i singoli di grido (“In Ogni Atomo”, “Mama Maè”, “Gioia Infinita”), in tutta onestà li preferiamo quando fanno ballare il pubblico flirtando con la musica latina, amore che nel Terzo Millennio non hanno mai nascosto, come in “Radio Conga” e “Rotolando Verso Sud“, e nelle ballad come “Che rumore fa la felicità” e “L’uomo sogna di volare“. E’ stata accolta, è non è una sorpresa, dal delirio del pubblico “Transalcolico“, brano dedicato all’ebrezza che, stando a quanto dichiarato da Pau, è un brano per ovvi motivi molto apprezzato dai fan veneti.

Vent’anni sul groppone ma non sentirli: escludendo il bassista Francesco Li Causi, l’unico a sentire il peso della soglia degli “anta” oramai raggiunta, gli altri sembrano dei ragazzini. Carichi ma poco carismatici i chitarristi Drigo (il quale si farà carico diverse volte nel corso della serata delle linee vocali) e Mac, tutto il peso del contatto col pubblico viene scaricato sulle spalle del frontman Pau. Compito svolto in maniera clamorosa: pur essendo tutto fuorché una cima dal punto di vista della pura tecnica, Pau ripiega con il carisma i limiti vocali. E con un’attiva interazione con i fan, senza filtro alcuno e non preoccupandosi del politically correct: incitazioni al pogo, qualche parolaccia e un “vi amo tutti, tranne te” riferito scherzosamente ad un fan che, in tutta onestà, piazziamo tra gli highlight della serata.

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Non saranno “la migliore band rock italiana di sempre“, etichetta appiccicata da i La Fame Di Camilla, opener della serata, ma dopo il concerto di Padova un quesito sorge spontaneo: tra loro, i Litfiba e i Baustelle, il dubbio che “Toscana Do It Better” in ambito rock nazionale è quantomai forte.

Setlist: Cambio, Fuori controllo, Il libro in una mano la bomba nell’altra, Che rumore fa la felicita, Immobili, Radio conga, Bambole, Salvation, L’uomo sogna di volare, Il giorno delle verità, La vita incandescente, In Ogni Atomo, Brucerò per te, Un giorno di ordinaria magia, Rotolando verso sud, Magnolia, Notte mediterranea, A modo mio, Splendido, Junkie beat, Transalcolico, Sex, Ho imparato a sognare, Dannato vivere, Mama maè, Gioia infinita.

Nicola Lucchetta

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