Il nuovo album omonimo dei Serpenti, il secondo della loro carriera, è un vero e proprio tuffo nel passato. E non solo per la durata breve, di poco superiore ai 30 minuti, che ci sarebbe stata tutta in un vecchio LP, ma soprattutto per la musica presente: tanti anni Ottanta, tanta cassa, tanto rullante e un basso presente che in più di un episodio ricordano i momenti più splendidi di quel decennio, sia quelli più artistici sia quelli più trascurabili. Ogni riferimento ai New Order e alla disco italiana è puramente casuale.
Non è un caso che “Serpenti” inizi con “Tenax“, cover di Diana Est (una delle tante meteore di quel decennio) svecchiata e portata a nuova luce nel Terzo Millennio, con risultati ben oltre le aspettative. Un disco veloce, ballabile e all’apparenza spensierato, con un episodio più lento ed introspettivo, il singolo “Senza Dubbio“: rallentano i beat, le sonorità sono più “moderne” rispetto alle altre otto canzoni, ma nel complesso l’episodio risulta tutto fuorché fuori contesto. L’apparente spensieratezza è rappresentata dalle sonorità nostalgiche e da dei testi provocatori, con tanti riferimenti al sesso senza cadere nel banale e nel volgare: “Tocca La Mia Bocca“, da questo punto di vista, resta un piccolo capolavoro ben studiato e carico di allusioni.
Riuscire ad essere freschi facendo musica vecchia di trent’anni, figlia dell’era degli spandex, delle pettinature cotonate e di una generazione al femminile che si sarebbe sposata in qualsiasi momento Simon LeBon: aiutata da una produzione moderna, la musica dei Serpenti riesce nell’ardua impresa, riuscendo a smentire tutti coloro che si sarebbero aspettati una collezione dei peggiori episodi degli anni Ottanta. Nove pezzi accattivanti usciti in tempo per farci staccare i freni inibitori in una caldissima estate. “Solo dalle undici“, chiaramente.
Nicola Lucchetta