Diciamocela tutta: la reunion dei No Doubt è stata ampiamente sopravvalutata. Ok il revival tour del 2009, è stata un’operazione nostalgia e ci può stare. Ma parliamo comunque di una band che in poco più di una decina di anni di carriera ha azzeccato il singolo della vita (“Don’t Speak“, una delle canzoni più belle degli anni Novanta), qualche altro singolo (“Ex-Girlfriend“, “Just A Girl“) e poco altro. Un bottino un po’ misero, a conferma che non bastano una splendida ragazza (Gwen Stefani) e dei musicisti clamorosi (uno tra tutti, il bassista Tony Kanal) per fare una band apprezzabile.
Se non fossero bastate tutte queste premesse, nel 2012 è arrivato nei negozi “Push And Shove”. Abbandonata l’irruenza ska-punk degli esordi e quella svolta reggae agli inizi del Terzo Millennio, i Nostri tornano con un lavoro che più innocuo non si può. Non siamo (sfortunatamente, almeno come qualità) davanti ad un “Tragic Kingdom Part 2“, ma (per fortuna) non è neanche un remake di “Love. Angel. Music. Baby.“: è un disco dei No Doubt, ma niente di più. Nel sentire brani mosci come la ballad “Easy” o l’imbarazzante inizio di “Sparkle” sono molti i dubbi che saltano fuori di fronte a questo (inutile, a questo punto) come-back discografico. E non salvano la baracca neanche i singoli “Settle Down” e la title track, al punto che ci si chiede perché una “Looking Hot” (un capolavoro nel mare di mediocrità) non sia stata utilizzata come brano di lancio.
Se non fosse bastato quanto detto sopra, facciamo il riassuntino: “Push And Shove” è il peggiore ritorno che una band caduta nel dimenticatoio potesse fare. Una scelta spinta dal cuore (negli ultimi anni Gwen ha dimostrato di poter andare avanti da sola), ma che si è rivelato un clamoroso scivolone.
Nicola Lucchetta