E’ ormai passato più di un mese dal ritorno in Italia dei The Hives, band che a giugno 2012 ha pubblicato per la loro etichetta Disque Hives (su distribuzione Sony) il quinto capitolo della loro carriera “Lex Hives“. Un disco che ha fatto discutere ma che non ha scalfito la qualità dei concerti degli scandinavi, protagonisti di un’ottima esibizione anche all’Alcatraz di Milano. Poche ore prima dello show lombardo, abbiamo avuto l’occasione di fare una chiacchierata con tre membri della band (Nicholaus Arson, Dr. Matt Destruction e Chris Dangerous) parlando dell’ottimo presente e di quel passato remoto che è un’importante e mai nascosta fonte di ispirazione per Pelle e soci.
Quando avete iniziato a lavorare al nuovo disco “Lex Hives”? E come avete lavorato alla stesura e alla registrazione del disco?
I primi brani li abbiamo abbozzati già durante il tour di supporto del precedente lavoro “The Black And White Album”, ma solo nel 2009-2010 abbiamo iniziato a lavorarci seriamente. Sulla lavorazione voglio farti una precisazione: è sì la nostra prima autoproduzione, ma come per tutti gli altri album ci siamo fatti aiutare da dei tecnici del suono in fase di registrazione. A parte questo, il lavoro dietro “Lex Hives” è andato alla grande. Rispetto a “The Black And White Album” abbiamo abbandonato l’idea di farci accompagnare nelle varie fasi da diversi collaboratori e, pur lavorando in diversi studi di registrazione, abbiamo preferito dedicare principalmente le nostre energie su quello che sarebbe stato il nuovo sound dei The Hives.
Come è stato lavorare con Josh Homme dei Queens Of The Stone Age, musicista e produttore con il quale avete registrato le bonus track di “Lex Hives”?
E’ stato divertentissimo. Parliamo di un musicista che conosciamo da un sacco di tempo e con il quale avevamo ipotizzato, in passato, una sorta di collaborazione appena si sarebbe presentata l’occasione. Eravamo a Los Angeles per il mixaggio del disco ed siamo stati costretti a registrare delle nuove linee vocali. A questo punto abbiamo contattato Homme e affittato per qualche giorno i suoi studi nel deserto vicino a Palm Springs; vista l’occasione abbiamo preferito registrare qualcosa di più, approfittando anche del fatto che Homme era fiero di mettere le sue mani in un genere per lui inusuale. Per il resto è stata una grande esperienza: Homme è una persona con la quale ti diverti facilmente.
Siete in tour dall’inizio del 2012; come stanno andando le esibizioni a livello di pubblico?
Bene, e i risultati migliorano di giorno in giorno. E’ sempre bello vedere gente numerosa accorrere ai tuoi concerti, non abbiamo niente da dire. Abbiamo iniziato già prima della pubblicazione di “Lex Hives” a suonare in giro, come ad esempio in California al Coachella. Abbiamo molti ricordi positivi di questo festival: abbiamo sì suonato nel main stage, ma abbiamo avuto la possibilità di suonare in palchi veramente piccoli nel corso della giornata, proponendo set composti anche da soli tre brani spesso trasmessi in diretta radiofonica da emittenti locali e nazionali. Il concerto principale è stato uno dei nostri migliori dell’anno, e anche tra i più caldi. E non solo per la temperatura..
Il punto di svolta della vostra carriera è il vostro primo best of, “Your New Favourite Band”. Come vedete questa cosa a distanza di dieci anni? E state pianificando un’altra raccolta in occasione del ventennale che celebrerete il prossimo anno?
Forse due nuovi best of! A parte gli scherzi, quella delle celebrazioni per il nostro ventennale è un’idea che abbiamo in testa da tempo e per la quale stiamo già lavorando a diverse possibilità. Questo perché non abbiamo mai celebrato alcun nostro anniversario: ci siamo dimenticati il decennale, non vorremmo fare la stessa cosa anche per il ventennale! Certo, con il nuovo disco siamo impegnati a promuoverlo nel migliore dei modi possibile, al punto di non avere tempo materiale per guardare al nostro passato. Ma qualcosa per festeggiare la ricorrenza la faremo, di sicuro.
Gli abiti sono una sorta di marchio di fabbrica della vostra band. Quando avete deciso di adottare un look uguale per tutti i componenti, stile che ricorda quello delle band degli anni Cinquanta e Sessanta?
Ci è sempre piaciuto indossare abiti diversi dal solito per i nostri concerti. E’ una cosa che facciamo da sempre, fin dai tempi dei primi concerti nei pub, e che abbiamo sempre interpretato come un allegro diversivo e un extra per lo show. Apprezziamo anche il modo di pensare delle band di quel periodo: negli anni Cinquanta e Sessanta i musicisti volevano prima di tutto vestirsi bene e alla moda e divertirsi. E anche come scelte discografiche ammiriamo da sempre quel periodo: negli ultimi quarant’anni i gruppi si focalizzano troppo sulle vendite degli album, facendo perdere al rock la sua natura grezza e immediata. A quei tempi, invece, le band facevano sì degli album, ma l’interesse principale era quello di proporre singoli trascinanti uno dietro l’altro. Tornando ai vestiti, in una prima fase ognuno indossava quello che voleva, ma ci eravamo autoimposti di vestirci esclusivamente con abiti in bianco e nero. I nostri primi abiti li abbiamo acquistati poco dopo la pubblicazione di “Barely Legal”, e da lì in avanti la nostra scelta è nota a tutti.
“Lex Hives” mostra molte similitudini tra la vostra musica e quella degli anni Cinquanta e Sessanta, come ad esempio nella conclusiva “Midnight Shifter”, più che nei precedenti lavori. Possiamo parlare di basi per una sorta di percorso musicale futuro del vostro gruppo?
La nostra musica è una continua evoluzione, o almeno crediamo lo sia. Non abbiamo mai voluto fossilizzare la nostra proposta in un solo genere, sarebbe una cosa noiosa. Il nostro obiettivo è stato sempre quello di suonare nuova musica, anche se può suonare un po’ “datata”. Siamo comunque sempre affascinati da quelle arena song e dal rock and roll del passato, attitudine che vogliamo trasmettere anche quando lavoriamo al nostro materiale: quando registriamo la batteria o mettiamo a punto un giro di chitarra, il nostro pensiero è sempre diretto a quel modo di fare.
E come sta Randy Fitzsimmons (il sesto componente “ombra” dei The Hives, ndr)?
Sta benissimo! Ed è fiero di tutti i risultati che abbiamo raggiunto in questi anni!
Nicola Lucchetta