Ascesa e declino di uno dei talenti più immensi del punk mondiale del Terzo Millennio. Frank Carter, frontman che ha cantato la rabbia di un’intera generazione come cantante dei Gallows (“Orchestra Of Wolves” e “Grey Britain” sono lavori che verranno ricordati a lungo), si è reinventato leader del nuovo progetto Pure Love, che lo vede coinvolto insieme a Jim Carroll, altro personaggio di spicco della scena hardcore internazionale (questa volta bostoniana) e ricordato per i suoi trascorsi con i The Hope Conspiracy e The Suicide File.
Già il singolo “Bury My Bones“, di fatto una bside dei The Darkness con un cantante dotato di un’estensione vocale mediocre, aveva contribuito a far scemare l’interesse attorno al nuovo progetto. Il compito è stato poi chiuso alla perfezione dagli altri dieci pezzi: a cavallo tra rock americano (moscio) e un punk innocuo (dalla produzione anch’essa moscia), il debutto dei Pure Love si rivela uno dei tonfi più pesanti degli ultimi anni. Con tanto di beffa finale in quella “Riot Song” che, con il suo coretto da stadio, fa sorgere seri dubbi sull’onestà intellettuale di quella figura che, fino a pochi anni fa, vomitava la rabbia in mezzo al pubblico durante i suoi show (storia vera).