Intervista Dillinger Escape Plan Ben Weinman racconta One Of Us Is The Killer

Sono tornati e lo hanno fatto alla loro maniera: i Dillinger Escape Plan hanno rilasciato per Sumerian Records il loro nuovo disco One Of Us Is The Killer, ritorno che si candida già da ora a migliore uscita nel genere degli ultimi anni. Una band che, pur avendo uno stile ben definito, ha comunque intrapreso un coerente e graduale percorso di evoluzione che ha reso la proposta sempre più fresca e al passo con i tempi. In occasione della nuova fatica della hardcore band statunitense, abbiamo interpellato il chitarrista e fondatore Ben Weinman per parlare del seguito di Option Paralysis.

Puoi raccontarmi brevemente il lavoro che sta dietro al disco One Of Us Is The Killer?
E’ il nostro quinto studio album. A questo punto mi pare che la gente sa cosa può aspettarsi da un nome come il nostro. E’ un album vario con una vastità di influenze e dinamiche, per il quale abbiamo lavorato senza alcuna aspettativa. Molto lavoro ma, allo stesso tempo, forse meno ragionato rispetto al passato.

Da Miss Machine rilasciate un disco ogni tre anni. E’ una cosa pianificata o una casualità?
Non è una cosa pianificata, ma pare coincida con tutti i nostri programmi, tour compreso. Finita la promozione del disco e tutto il tour torniamo a casa, ci prendiamo una breve pausa e poi iniziamo a scrivere. Tutto questo, in questi giorni, è una cosa che ci richiede quei tre anni ai quali tu fai riferimento.

I vostri show sono famosi per essere un’esperienza fisica per il pubblico, ma anche per voi. Utilizzate lo stesso approccio in studio quando registrate il disco?
Beh, chiaramente non siamo il tipo di gente che corre avanti ed indietro per lo studio, magari saltando come delle scimmie. Però sì, siamo più “fisici” e mettiamo più emozione alle nostre performance in studio rispetto ad altri gruppi. Un esempio: Greg è uno al quale piace tenere in mano il microfono e spesso è da buttare perché danneggiato. Io stesso registro diversamente da altri chitarristi: preferisco stare in piedi, rompere molte corde e, ogni tanto, sanguinare.

One Of Us Is The Killer sancisce anche il ritorno di James Love, con il quale avete suonato tra il 2004 e il 2006. Ha avuto voce in capitolo durante le registrazioni?
James è ufficialmente entrato nella squadra dopo che la scrittura dei brani e la registrazione era stata già completata. Non è in ogni caso una cosa che ha stravolto il nostro lavoro: spesso mi sono trovato in studio a registrare tutte le parti di chitarra.

Nel vostro ultimo lavoro si respira molta aria hardcore punk. Quali sono le ragioni dietro a questo ritorno alle radici?
Principalmente il fatto che, durante la registrazione di One Of Us Is The Killer, ascoltavo molti dei miei vecchi CD. Un altro fattore importante è anche stato il ritorno di molti gruppi che ascoltavo da giovane, eventi che mi hanno permesso di avere l’opportunità di vederli dal vivo un’altra volta. Tutto questo è un’ispirazione. Sono quelle cose che ti portano indietro, quando eri giovane e la musica era una parte fondamentale della tua vita di tutti i giorni.

Avete lasciato la Season Of Mist (con la quale avete pubblicato Option Paralysis) per approdare alla Sumerian Records, ma tuttora lavorate con la vostra etichetta Party Smasher. Vi è stata data carta bianca in sede di scrittura?
Sì, anche perché non riusciremmo mai a lavorare con un’etichetta che volesse interferire nel nosro processo creativo. Molte etichette o aziende che vogliono lavorare con un gruppo come il nostro ci conoscono, sanno come lavoriamo e credono in noi, grazie anche al fatto di essere nel giro da anni.

Siete già in tour. Pianificate un qualcosa di lungo come già fatto in passato? E cosa pensi dell’Italia, nazione che avete visitato più volte in passato?
Siamo già in tour negli Stati Uniti e siamo già pronti per alcuni concerti in Europa. Abbiamo già tutto il 2013 programmato, con alcune esibizioni già confermate per il 2014. L’Italia è un paese che amiamo. Dalle vostre parti i concerti sono sempre spettacolari e i fan sono sempre selvaggi. Veniamo in Italia a suonare da più di dieci anni e non stiamo neanche lontanamente pensando di smettere di farlo.

E chi sarebbe il killer del quale parlate nel titolo?
Tutti noi. Quando vivi in un sistema di codipendenza il killer è tanto vulnerabile quanto la vittima.

Leave a comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *