Io ai Calibro 35 voglio un bene della madonna per quattro ragioni. La prima è perché il motivo che li ha spinti a formarsi e fare musica sono le colonne sonore dei “poliziotteschi” anni Settanta, pellicole sottovalutate (e che personalmente adoro) che presentavano colonne sonore da sballo. La seconda è il fatto che i ragazzi ci sanno fare: dal vivo è una band che sa suonare e divertire, nei palchi più piccoli e anche negli stadi. Poi perché, al traguardo del quinto disco in un lustro, devono ancora sbagliarne uno. Last but not least: ad oggi, potete dire quello che volete ma sono uno dei pochi gruppi italiani esportabili all’estero. E non è un caso che in passato i Calibro 35 abbiano suonato ad una rassegna influente come la newyorkese CMJ e che, nel 2013, abbiano deciso di fare il salto e portare la loro musica anche in giro per l’Europa (Londra inclusa). A dimostrarlo arriva anche la scelta di proporre dei titoli tutti, escludendo il singolo Giulia Mon Amour, in lingua inglese.
Traditori Di Tutti è lo step finale di un percorso iniziato con le prime tre release e le cui prove generali si sono tenute con il precedente Said (ok, escludendo la cover di Ragazzo Di Strada..). Ma in quel caso si parlava di una colonna sonora di una pellicola, questa volta di un disco vero e proprio, la prova del nove definitiva per la quale si sono ispirati all’omonima opera di Giorgio Scerbanenco. Un album che, pur non stravolgendo quanto fatto in passato, presenta comunque alcune novità, la più importante è la presenza infatti di Serena Altavilla nel ruolo di voce femminile su The Butcher’s Bride e Miss Livia Ussaro. Per i nerd della strumentistica, invece, i Calibro 35 questa volta hanno introdotto apparecchiature finora inedite come l’organo Philicorda, il dulcitone e il mellotron.
Chi conosce il gruppo sa cosa aspettarsi: tanta musica strumentale, tanto groove e tanta nostalgia per i bei tempi che furono, quelli nei quali gli italiani regnavano nel panorama internazionale e non si facevano problemi a flirtare con la musica nera. Il risultato sono dodici pezzi nei quali Enrico Gabrielli e soci spaccano il culo in quello che è il disco più dark della loro breve carriera: troviamo il beat del già citato primo estratto Giulia Mon Amour, l’impatto di chitarre e sax sulla successiva Stainless Steel, la psichedelia di Mescaline 6 e le bordate funk delle centrali Vendetta e You Filthy Bastard!, ormai diventate il loro trademark.
Certo, se proprio dobbiamo essere sinceri, il trittico conclusivo (Two Pills In The Pocket, Miss Livia Ussaro, Annoying Repetitions) è una parentesi così sperimentale che necessita di diversi ascolti per essere compresa. Ma non va ad influire nella maniera più assoluta sul giudizio finale di questo Traditori Di Tutti: uno dei dischi più belli di questo 2013 scritto da uno dei nomi più validi della scena nazionale.