Ho preferito dedicare più tempo alla stesura del resoconto dell’unica data italiana dei Primal Scream, tenutasi mercoledì 20 novembre all’Alcatraz di Milano (“contentino” per l’annullamento dell’A Perfect Day veronese che li presentava come headliner della prima serata), per evitare di scrivere banalità che avrebbero fatto sorridere i più. Piccolezze come ad esempio (in ordine sparso) il fatto che quello di ieri è stato tipo un concerto da top 3 assoluta dell’anno in corso, che se si dovesse guardare ai picchi qualitativi in studio e l’influenza delle loro opere i Primal Scream potrebbero essere considerati la più grande band britannica dagli anni Novanta ad oggi e che Bobby Gillespie è un frontman della stramadonna anche dopo svariati anni (ormai è sobrio da un lustro) di droga, alcol e rock and roll. Facciamo che ste cose me le tengo per me e non le ho mai scritte ok?
L’unico lato negativo di una serata altrimenti perfetta è il fatto che la band anglo-scozzese sia stata relegata nel palco B, scelta logistica che non ha comunque permesso agli organizzatori di portare un sold out alla conta finale. Cosa che ha influito nella performance del gruppo nelle battute iniziali, partito con un Gillespie (volutamente?) scazzato e una “2013” fin troppo accorciata che non aveva fatto ben sperare. Ai Primal Scream serve solo una manciata di pezzi per riportare il concerto su binari più consoni: la prima svolta della serata avviene infatti nella sezione dedicata a “XTRMNTR”, dal quale vengono proposte in successione “Shoot Speed / Kill Light” e la stupenda “Accelerator” in degli arrangiamenti più rock e pulite dagli eccessi elettronici rispetto alle versioni studio.
Ma il punto di non ritorno definitivo è dopo la lunga parentesi (ben cinque pezzi su otto estratti totali) dedicata all’ultimo “More Light” e chiusa da “Autobahn 66”, unica citazione da “Evil Heat”: con “It’s Alright, It’s OK”, singolo di lancio della più recente fatica, lo show infatti prende una piega che trasforma una serata piacevole in evento indimenticabile da raccontare ai nipotini. Nella parte finale del set il sestetto sfodera i pezzi più “party and fun” del repertorio: dalla techno di “Swastika Eyes”, unica canzone di “XTRMNTR” proposta nella versione più fedele all’originale, al rock and roll di “Country Girl”, alla fine una vasta fetta di pubblico si è trovata a saltare e battere le mani a tempo su “Rocks”, introdotto da un giro di batteria tanto abusato nella storia della musica quanto efficace.
Il vero delirio collettivo però avviene nell’encore, la cui durata si è protratta ben oltre la mezz’ora. Con tanto di cambio d’abito di Bobby Gillespie, che si ripresenta con addosso una camicia “metallizzata”, i Primal Scream danno spazio ad improvvisazioni, dilatazioni e dance incentrate sul caposaldo “Screamadelica”, proponendo una versione di “Higher Than The Sun” della durata superiore ai dieci minuti, un altrettanto lunga “Loaded”, agganciata alla “madre” chiamata “I’m Losing More Than I’ll Ever Have”, e l’ovvia conclusione con “Movin On Up”. Come se non bastasse, i Nostri piazzano due azzeccate citazioni all’insaputa del pubblico, che si trova a cantare da un momento all’altro il coro finale di “Sympathy For The Devil” dei Rolling Stones e lo standard gospel “Oh Happy Day”.
I Primal Scream del 2013 sono una grande band, in studio e anche dal vivo. Dopo aver dimostrato l’eccellente stato di forma con “More Light”, il recente tour sta confermando che i britannici hanno ancora troppo da dire su di un palco. La marcia in più è data anche dall’ingresso di Simone Butler, graziosa bassista sconosciuta fino a qualche mese fa che con il suo talento riesce a non far rimpiangere il leggendario Mani. Un tassello che si integra alla perfezione in un gruppo rodato da anni di esperienza nel quale il mattatore è il frontman Bobby Gillespie che, tra tamburelli e maracas, non resta fermo un minuto sul palco, stringendo le mani dei fan più e più volte durante la serata. Un mercoledì sera da ricordare per un pubblico poco numeroso e dall’età media piuttosto alta, che ha assistito ad un evento che difficilmente dimenticherà.
Foto di Rodolfo Sassano