Robin Thicke è l’idolo assoluto del 2013, capace di passare nel ruolo di novello Gesù Cristo (chi non se lo ricorda cappellone in bici a New York nel video di “When I Get You Alone”) a popstar sciupafemmine che si scopa una starlette a sera nel giro di un decennio. E “Blurred Lines”, titolo anche di quella traccia che lo ha lanciato definitivamente anche nel nostro Paese, è un lavoro che, tolta la matrice fin troppo sessista dei testi, si rivela una piccola gemma del pop moderno.
Escludendo quella “Take It Easy On Me”, che conferma che Timbaland ormai ha esaurito le idee, e un paio di tracce di matrice fin troppo dance, il sesto disco del figlio di Jason di “Genitori In Blue Jeans” (storia vera) potrebbe essere tranquillamente uscito in piena Motown, grazie anche a delle bordate funk che potrebbero giocarsela con una “Get Lucky” a caso (il trio “Oh La La”, “Ain’t No Hat 4 That” e “Get In My Way”). Ah, e lui ha una voce incredibile: peccato abbia potuto mostrarla al pubblico con un singolo che è stato oggetto più di critiche che di (meritati) elogi.