I The Shiver entrano a gamba tesa nell’affollatissimo club dei gruppi che, se non si fossero formati in Italia ma in Regno Unito o negli Stati Uniti, a quest’ora riempirebbero i club. E per un semplice motivo: “The Darkest Hour”, quarto disco in quasi dieci anni di carriera, è una bomba.
Pur con una produzione che delude come muro di suono, la potenzialità di diversi brani emerge senza dubbio alcuno: l’accoppiata iniziale “Ocean” / “The Key” (con la seconda traccia che vince la palma di brano più riuscito del lotto) fa partire alla grande un disco che trova una brusca frenata nella sola “The Secret”. Un errore di percorso che poteva essere tranquillamente evitato, visto che appena prima e poco dopo troviamo un trittico riuscito come “Bury”, “Into The Darkest Hour” e “Runaway”.
L’unico suggerimento che si può fare ai The Shiver va oltre l’ambito artistico, praticamente intoccabile per (quasi) tutte le tracce di “The Darkest Hour”: investire due denari e reclutare un affermato produttore che rimasterizzi il disco, dando quella botta di suono necessaria per far fare il salto di qualità al disco e, di riflesso, alla band stessa. Le basi ci sono e l’altissimo voto è un incoraggiamento importante: c’è un mercato fuori che vi aspetta.