Rise Against, le foto e il report del concerto di Berlino del 20 novembre 2014

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Prima cosa: qua dentro vogliamo un bene della madonna ai Rise Against, seguiamo le loro scorribande praticamente da sempre, motivo per cui siamo andati ad assistere al loro concerto del 20 novembre 2014 al Velodrom di Berlino, ma siamo consci che non sono un gruppo da palazzetto. Non bastano una manciata di pezzi anthemici e due brani acustici apprezzabili da chiunque per toglierli dal loro habitat naturale (i club) e catapultarli da headliner nelle arene da 10.000 anime. Pur proponendo grande musica (e l’ultimo “The Black Market” resta un ritorno di ottimo livello), non hanno mai avuto il carisma capace di trascinare le masse. Sono dei grandi eh, numeri da circo come quelli di Zach Blair se li sognano molti musicisti, ma il quartetto non ha tra i suoi assi quel quid necessario per ipnotizzare le masse con un solo sguardo.

Seconda cosa: a Berlino il frontman non è arrivato con uno stato di forma soddisfacente. Molto probabilmente minato da piccoli problemi di salute (leggasi: raffreddore), Tim McIlrath vocalmente ha fatto una gran fatica sui pezzi vecchi (“Alive And Well” è stata proposta a livelli quasi imbarazzanti), dimostrandosi invece a suo agio in quelli più recenti e melodici, quasi a voler dimostrare di voler seguire un percorso di adattamento della timbrica vocale a nuovi territori, cosa che un certo James Hetfield sta facendo da più di vent’anni.

La storia però ricorderà i Rise Against come un gruppo capace di infilare una lunga serie di sold out in location tedesche la cui capacità va dalle 10.000 anime in su. Dodicimila circa per Berlino, per fare due numeri. Il successo della band di Chicago in terra teutonica è clamoroso e i numeri mossi fan pensare che questo sia il loro mercato più importante a livello globale. Una miriade di fan fedeli che ha cantato ogni singola parola dei brani da “The Sufferer And The Witness” in poi, comportandosi più freddamente sui brani più vecchi, acclamati solo dalla vecchia guardia (motivo per cui dai primi tre lavori saranno presi solamente quattro brani).

Pochi i collegamenti con il loro passato da band da Warped Tour: il più importante è la scelta dei Pennywise come band di supporto principale (soprassediamo sugli Emily’s Army, ora conosciuti come Swimmers). La band di Jim Lindberg (che ad inizio concerto prenderà la mia reflex per fotografare il pubblico con brofist finale di ringraziamento, uno degli apici della vita ndr) è il solito carrarmato live irriverente, quadrato e fatto di sudore e attitudine a palate. Con il poco tempo a disposizione, i californiani confezionano una scaletta con molti dei brani più conosciuti, uno spazio per una cover dei Bad Religion (“una delle più importanti band di sempre”) e un finale al cardiopalma con la combo “Fuck Autority” e “Bro Hymn”, con l’ultima accolta in maniera così positiva al punto di essere stata cantata anche durante lo show dei Rise Against.

Sì, perché Tim McIlrath e soci hanno invitato sul palco Jim Lindberg e il corpulento Fletcher Dragge per una cover di “Teenage Lobotomy” dei Ramones, cosa replicata in tutte le date teutoniche. Una splendida parentesi in apertura di encore che ci fa chiudere un occhio sul nuovo corso dei Rise Against: si saranno ammorbiditi e accomodati alle richieste dei sempre più numerosi fan, ma sotto sotto l’approccio resta sempre quello dei primi anni. Nella speranza che, un giorno o l’altro, i Nostri organizzino un tour nei piccoli club con una setlist incentrata sui primissimi lavori.

 

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