Chi sono i ragazzi de Il Volo e perché il Festival di Sanremo 2015 è perfettamente contemporaneo

chi-sono-il-volo-sanremo-2015

Premessa: non ho guardato cinque soporifere puntate di Sanremo, al contrario di coloro che lo guardano perché appassionati della kermesse, per scrivere articoli per i propri portali (sì, per il sito musicale medio il mese di febbraio è dal punto di vista degli accessi come la tredicesima per un dipendente) o che lo han fatto perché fa figo twittare con l’hashtag #Sanremo2015 (salvo poi lamentarsi di essersi trovati l’account bloccato perché ti trovi a postare una miriade di tweet in più rispetto alla media #truestory).

Il mio Sanremo 2015 si può descrivere così: attesa spasmodica per la presenza degli Spandau Ballet giovedì sera, qualche articolo e video (principalmente dei comici) sul sito della Rai e ascolto in separata sede, grazie a Spotify, dei pezzi in gara. E lo riassumerei in un tweet:

Ma scendiamo nel dettaglio. Devo dirla tutta, dalle poche informazioni raccolte preferivo la formula coraggiosa di Fabio Fazio, che ho seguito nelle due precedenti edizioni: pur con chiunque contro (dalla politica all’audience, che lo ha “penalizzato” dal punto di vista dello share), ha dato una personale impronta, “svecchiando” alla sua maniera un format allo scopo di portarlo al passo con i tempi. Con Carlo Conti, invece, si è deciso di dare una restaurazione vera e propria, una mossa da Ancien Régime che ha portato indietro il Festivàl di almeno una trentina di anni, mantenendo solamente le vallette messe là come semplice ornamento (#teamrocio) e le esibizioni dal vivo come punto di unione con il nuovo millennio (esticazzi, il playback era stato dimenticato già nelle ultime esibizioni del Festivalbar).

L’emblema di un ritorno all’Italia da bere degli Eighties è il vincitore assoluto della categoria Campioni, Il Volo: tre ragazzi nati vecchi (superano la ventina di poco) che guardano ad un passato remoto della musica nazionale e capaci di ottenere fama esibendosi per le numerose Little Italy sparse in giro per il mondo suonando cover (non è un caso che i regaz abbiano ottenuto successo nelle Americhe e in Oceania e non, ad esempio, in Europa Continentale). Il successo de Il Volo riassume perfettamente la situazione musicale penosa nazionale: partecipa ad un talent o fai cover, altrimenti qui non conti un cazzo. E no, non guardare a quegli M+A che han suonato a Glastonbury (dove?), sono degli sfigati che al massimo possono piacere a due addetti ai lavori in croce.

Per non parlare degli ospiti: ok che si era in ristrettezze economiche, ma chiamare dei comici che fanno ridere solo quando giocano la carta del tormentone più noto (tolti solamente Luca e Paolo e una Virginia Raffaele strepitosa nei panni della Vanoni) e le marchette dei programmi Rai (la più clamorosa quella su Braccialetti Rossi di ieri sera) fa pensare che anche il più spendaccione dell’universo sarebbe stato in grado di portare un utile di 6 milioni dalla kermesse. Ospiti che sono anch’essi l’emblema di una restaurazione in atto: partendo da quel Pino Insegno caduto nel dimenticatoio (e riesumato per fargli fare una figura meschina come doppiatore di Will Smith) alla combo Al Bano/Romina e i già citati Spandau Ballet, era lecito aspettarsi un intervento di Craxi o un’ospitata di Grillo, che tanto al 1989 manca ancora qualche anno.

[youtube Zp8Cwvg33y4 nolink]

Se Il Volo non fosse bastato, arrivano gli altri concorrenti a mettere in chiaro che tra i Campioni gli sprazzi di talento sono rari. E, soprattutto, che i veri campioni della musica italiana ci vanno come ospiti: basti pensare a Tiziano Ferro, passato per Sanremo per lanciare il suo tour negli stadi. Sanremo ormai non è più una vetrina appetibile manco per le case discografiche, che ai cavalli di razza preferiscono le terze o quarte leve del loro roster. I veri big non sono pervenuti: Ligabue ormai ci va per lanciare il suo nuovo album, Laura Pausini e Vasco Rossi hanno sfruttato in maniera clamorosa la rassegna come trampolino di lancio ed artisti veri come Cesare Cremonini hanno dimostrato di potercela fare anche senza l’aiuto della Città dei Fiori.

Meglio dare spazio al peggio del peggio che il panorama nazionale può dare: gente che se non avesse partecipato a dei talent a quest’ora starebbe a fare lo stagista in qualche call center (Moreno, Dear Jack, Lorenzo Fragola, Chiara), artisti i cui brani andranno a rotazione su Radio Italia e basta (Bianca Atzei, la cui gonna trasparente ha fatto più notizia della sua “Il Solo Al Mondo”) e nomi che vengono riesumati a mo’ di mummie in occasione di Sanremo (Gianluca Grignani, Anna Tatangelo e Alex Britti, che mi chiedo perché si ostini ancora a partecipare a Sanremo). Poi compaiono alcuni nomi per dare un tocco di “alternativo” alla rassegna, come fatto con Marlene Kuntz e Afterhours in passato, ma entrambi falliscono miseramente: la sconosciuta, in Italia, Lara Fabian e i suoi 20 milioni di dischi venduti nel mondo (asd) escono miseramente dalla finale, come la coppia Biggio/Mandelli che, se si fosse ricordata degli Orange del NonGio, molto probabilmente avrebbe raccolto molto di più.

Chiudo dicendo che comunque Sanremo non è stato un assoluto disastro, perché nel mare del pessimismo cosmico ha fatto comunque emergere alcuni artisti che, speriamo, pur senza la vittoria in mano, possano ottenere successo a posteriori. E tra tutti il famoso cent va ai KuTso che, con la loro irriverente “Elisa”, sono uno sprazzo di genialità in un’edizione fin troppo ingessata. Il vero trionfatore, quello che esploderà nelle rotazioni radiofoniche da lunedì, è quel Nek pronto a rockeggiare di nuovo scimmiottando i Coldplay moderni (e, a dirla tutta, è anche più in forma di Chris Martin). Supporto anche a Raf, artista di spessore ma colpito da una bronchite nell’unica settimana dell’anno nella quale non doveva aver malanni, a quel Nesli che pare pronto a staccarsi dall’ingombrante ombra del fratellone Fabri Fibra e a Nina Zilli che, se avesse un produttore e un ufficio stampa con una visione globale, potrebbe fare tranquillamente il culo a nomi come Paloma Faith.

Nina che candido tranquillamente al ruolo di valletta (intelligente, sia chiaro) per Sanremo 2016, aprendo una petizione già da oggi: se ce l’han fatta Arisa ed Emma, perché lei no?

Leave a comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *