Prodigy – The Day Is My Enemy

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Non che “Always Outnumbered, Never Outgunned” e “Invaders Must Die” facessero cagare eh, ma messi a confronto con la Leggenda chiamata “The Fat Of The Land” i due precedenti capitoli sparivano senza alcun problema.

Con il sesto studio album, i Prodigy sfornano un disco che può accostarsi tranquillamente al capolavoro che li ha resi celebri alla fine degli anni Novanta. Chi li dava finiti dopo compitini del calibro di “Invaders Must Die” (sì ok sticazzi compitini, venderei la famiglia fino al sesto grado per fare un disco che sia metà figo) si trova davanti “The Day Is My Enemy”, una manata sul muso composta da 14 tracce, 14 vaffanculi sparati in faccia ai fan della EDM più easy listening in circolazione.

E anche ai fan di Skrillex.

Il gruppo più punk della scena elettronica sforna un lavoro dall’impatto sonoro devastante, a conferma che Liam Howlett dietro ai synth è una serie di passi avanti rispetto alla concorrenza. Una formula oliata e collaudata che, purtroppo, in più di un passaggio fa scivolare il trio nell’autocitazionismo: il caso più eclatante è quella “Nasty” che ricorda troppo la melodia portante di “Omen”. Incidente di percorso? Ma chissenefrega. “The Day Is My Enemy” è il disco più violento, più cattivo ed incazzato che la band dell’Essex ha pubblicato in venticinque anni di carriera.

Sei lunghi anni di attesa vengono ampiamente ripagati con bombe sonore del calibro di “Ibiza” (soundtrack dell’estate delle Baleari del 2015?), “Destroy” che ricorda i bei tempi dei rave dei Nineties, i breakbeat di “Rok-Weiler” e quella “Wall Of Death” che è il sigillo di “The Day Is My Enemy” e sancisce l’amore mai nascosto per Keith Flint e soci con il rock. Nessun filler, cosa che raramente capita di questi giorni; ogni brano sembra costruito su misura per la dimensione live, che vedrà protagonisti i Prodigy già nelle prossime settimane.

Esiste un difetto in questo “The Day Is My Enemy”? Certo: il titolo. Avessero scelto di mantenere quello che era il working title, “How To Steal A Jetfighter”, la band sarebbe salita al rango di genio, un titolo d’impatto che avrebbe descritto alla perfezione i Prodigy del 2015: una fottuta macchina da guerra pronta a vincere anche le sfide più impossibili.

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