Ho speso 110 euro di biglietto per vedere i Blur ad Hyde Park, quarto concerto nel centralissimo parco londinese nella ventennale carriera del gruppo di Damon Albarn. E lo rifarei senza batter ciglio: perché per un appassionato della band, un concerto dei Blur ad Hyde Park è come un concerto di Vasco Rossi a San Siro per i fan dell’artista di Zocca.
Chi si aspettava, vista la portata dell’evento, una scaletta costruita ad hoc si è trovato in mano un pugno di mosche: coloro che volevano spararsi un greatest hits live hanno avuto ben due occasioni nel 2009 e una nel 2012 (per l’ultima sto rosicando ancora oggi). Il concerto londinese è infatti inserito all’interno del breve tour di supporto all’ultimo lavoro “The Magic Whip“, dal quale vengono presi ben cinque brani, e l’intera estetica del palco. Sì, perché oltre alle decorazioni standard del British Summer Time, il palco dei Blur è un’estensione della copertina dell’ultimo studio album, partendo dalle decorazioni orientali al limite del kitsch e arrivando ad una vera e propria ossessione per il gelato, sfociata in un furgoncino messo a lato palco che ha preparato dei gelati serviti da un Damon Albarn, nel ruolo inedito di cameriere, ad alcuni fortunati delle prime file già nell’intervallo dei primi brani.
Pur accompagnati da una vasta backing band composta da coriste, percussionisti, trombettisti e violinisti, il motore del concerto restano quei quattro ex ragazzi che bazzicano il mondo della musica da quasi trent’anni. Ex ragazzi che iniziano a sentire il peso degli anni dal lato estetico (il bassista Alex James più degli altri tre messi assieme) ma che, appena salgono su di un palco, mostrano di avere energia da vendere. Pur penalizzati da suoni non all’altezza, le due ore di concerto scorrono via veloci, tra alcune chicche non proposte da almeno tre lustri come “Trouble in the Message Centre” e “Stereotypes”, e una “End Of A Century” inedita in questo tour, e i brani più noti del combo. La serata è di quelle speciali e il pubblico lo ha capito da subito, anche se un certo disinteresse nelle retrovie sui brani meno conosciuti e su quelli di “The Magic Whip” era palpabile. Ma poi sono bastati botti del calibro di “Tender”, “Song 2”, “Coffee And TV”, “Parklife”, “This Is A Low” e il trittico conclusivo “Girls & Boys”, “For Tomorrow” e “The Universal” per riportare anche il più sbronzo dei presenti sulle direttive giuste.
Ciò che resterà impresso del concerto dei Blur ad Hyde Park è che non è stato un evento per nostalgici dove l’età media superava i trent’anni: il repertorio del quartetto è stato infatti capace di radunare un numeroso pubblico di teenager, che di fatto ha salvato la serata da quello che avrebbe potuto assumere le dimensioni del flop, o dell’insuccesso delle vecchie guardie contro le nuove leve, visto l’imminente concerto sold out di Taylor Swift sempre ad Hyde Park di sabato prossimo. Ma, soprattutto, ha consegnato i Blur al gotha di coloro che non sono il semplice simbolo di una generazione ma che sono diventati un fenomeno trasversale. Come solo i grandi della musica possono essere.