Refused are fucking alive. Pur avendo “firmato” il loro certificato di morte nel lontano 1998, la band che si è vista nella seconda giornata del Rock Im Ring è uno degli esempi più eclatanti di come si debba suonare hardcore punk nel 2015. Pionieri di un approccio più cerebrale nel genere con il seminale “The Shape Of Punk To Come”, Dennis Lyxzen e soci propongon uno show con i fiocchi, penalizzato solamente da un mixaggio generale che ha messo in risalto fin troppo il suono delle chitarre.
Con la prima esibizione da headliner dopo quella del Groezrock dello scorso aprile, i Refused suonano in Alto Adige quello che, per loro stessa ammissione, è il loro concerto più lungo dell’anno. La struttura della setlist è la stessa proposta nelle altre date e vede gli ultimi due album della loro discografia protagonisti assoluti, con tutti gli altri lavori relegati ad una “Rather Be Dead” proposta nella prima parte del concerto. I brani estratti da “Freedom” in sede live tengono il passo con i classici del gruppo: “Elektra” è il pezzo più d’impatto del lotto anche dal vivo e condivide con “366” il fatto di essere il capitolo maggiormente legato al repertorio anni Novanta del gruppo. Da apprezzare inoltre la scelta di agganciare, in mezzo a “The Deadly Rhythm”, un accenno a “Raining Blood” degli Slayer che ha fatto rizzare le antenne anche al più disattento del pubblico fino a quel momento; una certa freddezza della folla ha invece reso un potenziale anthem live come “Françafrique” un momento da dimenticare del concerto. Sui pezzi estratti da “The Shape Of Punk To Come” non c’è invece niente da dire, lì parla la storia, e una “New Noise” può essere tranquillamente annoverata come un evergreen del rock contemporaneo.
Sul palco i Refused sono bellissimi: hipster come non mai (il premio in questo caso va a Mattias Bärjed, chitarrista che accompagna il gruppo in sede live), gli svedesi di Umea sono dei veri e propri chirurghi. Non sbagliano un colpo, passando sopra anche a dei problemi tecnici ai microfoni, e si confermano grandi musicisti capaci di riproporre tutte le sfumature presenti nei brani registrati in studio. Sugli scudi il lavoro di David Sandström e Kristofer Steen, rispettivamente alla batteria e alla chitarra, ma il vero leone del combo è il cantante Dennis Lyxzén che, nel 2015, sembra aver completato la metamorfosi in Jarvis Cocker dell’hardcore punk iniziata con il reunion tour di tre anni fa. Presentatosi in giacca e camicia scura, il cantante alterna infatti al suo movimento tarantolato (non starà praticamente fermo per tutto il concerto) anche alcuni passi di danza che ricordano fin troppo quelle del frontman dei Pulp, al punto che era lecito aspettarsi una citazione di “Disco 2000” o “Common People” da un momento all’altro. Ed è proprio questo che rende ancora grandi i Refused: non avranno portato il tanto atteso “new beat” del terzo millennio, ma da 40enni dimostrano di avere ancora le carte in regola per dettare legge in un genere, come l’hardcore punk, che vive una fase di stagnazione da diversi anni a questa parte.
L’esibizione dei Refused ha chiuso la seconda e ultima giornata del Rock Im Ring, in un sabato che ha visto suonare sullo stesso palco altri gruppi, tra i quali vale la pena citare i Kraftclub (band pop punk tedesca autrice di uno show maiuscolo che, sotto certi punti di vista, è stato migliore anche di quello degli headliner), i Terror (presentatisi a ranghi ridotti a causa della defezione del cantante Scott Vogel per malattia, sostituito dal bassista David Wood), i norvegesi Honningbarna (band hardcore punk con il cantante Edvard Valberg dall’attitudine che ricorda molto quella di Frank Carter ex Gallows) e gli italiani 4Twenty, autori di un crossover tra rock, hip hop e funk in lingua italiana e tedesca.