Rudimental – We The Generation

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Arrivati al successo nel 2012 da perfetti sconosciuti (“Feel The Love” fu la colonna sonora non ufficiale delle Olimpiadi di Londra), i Rudimental sono diventati nel giro di poco tempo un nome importante dell’elettronica britannica, grazie anche alla scelta di collaborare con nomi che sarebbero esplosi da lì a poco (uno tra tutti, Emeli Sandé) e ad azzeccati singoli come “Free” e “Waiting All Night”. Coloro che si aspettavano che questo triennio di successi fosse stato un semplice fuoco di paglia si trovano davanti “We The Generation”, secondo lavoro della band di Hackney nei negozi distribuito da Warner Music. Pur mancando l’effetto sorpresa del debutto, il nuovo capitolo della discografia dei britannici smussa alcuni piccoli difetti, svelandosi come lavoro più organico e divertente.

Al contrario di “Home”, “We The Generation” presenta tra gli ospiti nomi poco conosciuti ai quali si aggiungono alcuni act di spessore nazionale (Dizzee Rascal) ed internazionale. Tra tutti svettano Ed Sheeran, qui presente con un remix di “Bloodstream” e “Lay It All On Me”, e Bobby Womack, che con “New Day” rilascia il suo testamento artistico prima del decesso che sarebbe arrivato da lì a poco. La scelta di registrare buona parte dei brani nei giamaicani Geejam Studios si riflette sulle atmosfere solari che si respirano nel disco, un viaggio tra drum n bass e soul, con la presenza di fiati (vedi “Home”). I Rudimental hanno il pregio di costruire brani che si possono adattare a diverse situazioni, partendo dall’airplay radiofonico (“I Will For Love”, “Never Let You Go”) o inni da festival open air (“Love Is Just A Word”), passando per quelli costruiti su misura per i club (“Common Emotion”, “Foreign World”).

Non è tutto oro quel che luccica, visto che “We The Generation” non è esente da filler: la delusione arriva a sorpresa a Ella Eyre, protagonista assoluta del debutto con la già citata “Waiting All Night” e qui relegata in una sottotono “Too Cool”, che non decolla anche a causa di un ritornello banale.

Con molti artisti dell’elettronica mainstream esplosi nell’ultimo lustro in Regno Unito (gli ultimi della lista sono Disclosure e Sigma), i Rudimental dimostrano di avere una marcia in più: protagonisti di uno dei più grandi colpi di fortuna della recente storia dell’industria discografica, il combo di East London è riuscito a capitalizzare in pochi anni le occasioni ricevute, diventando uno dei nomi di punta dell’elettronica internazionale, confermando le ottime promesse del debutto con un secondo lavoro che spalanca definitivamente le porte alla carriera di questo combo multietnico. Non è che corriamo il rischio di vederli headliner a Glastonbury già il prossimo anno?

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