“Strange Little Birds”, l’attesa nuova fatica dei Garbage, è il lavoro meno immediato della carriera della band scozzese-americana capitanata dalla cantante Shirley Manson e dal produttore Butch Vig. Pur rimanendo coerenti con la loro ventennale storia, il secondo disco da indipendenti dopo il riuscito “Not Your Kind of People” permette al gruppo di dare il via ad una svolta artistica, passando da vera e propria macchina da singoli ad act più maturo e capace di produrre brani meno radiofonici ma comunque di ottima fattura.
Chi si aspetta una “Cherry Lips” o una “Stupid Girl”, o anche una più recente “Automatic Systematic Habit”, è meglio che prenda e vada da un’altra parte ad ascoltare i vecchi dischi: “Strange Little Birds” suona meno immediato, è più dark e rispetto al passato più volte i chitarroni si mettono in disparte per far spazio all’elettronica più dilatata ed ambient. Il singolo “Empty”, per fare un esempio, è contemporaneamente il singolo di lancio meno riuscito del gruppo (ma avercene di questa qualità in giro..) e il capitolo più slegato dalle altre tracce. Qui domina la voce carismatica di Shirley Manson, vera e propria traghettatrice di anime in un viaggio electropop ben descritto in pezzi come l’iniziale “Sometimes”, l’autobiografica “Night Drive Loneliness” e il duo conclusivo “Teaching Little Fingers To Play” e “Amends”, che chiudono alla grande un lavoro coraggioso.
Sì, perché quando il quartetto inizia a sperimentare nuove sonorità, come nei pezzi sopra citati, i risultati sono più che buoni; quando invece si mette a scimmiottare il passato come in “Magnetized” o nella lunghissima “So We Can Stay Alive” ci si guarda attorno e ci si chiede “perché?”. Ma d’altronde, i Garbage sono una band nata dalla mente di autori e produttori, che sanno benissimo che bisogna accontentare tutti. E “Strange Little Birds” centra il bersaglio, facendo felici sia i fan della rodata formula Garbage ma anche quelli che si aspettavano un minimo di cambiamento.