Quando pensavi che il fondo del 2016 fosse prerogativa di Fabio Rovazzi e di Nick Jonas, scopri che in realtà si può sempre scavare. Più precisamente arriva Gabry Ponte che con il singolo “Che ne sanno i 2000” bussa alla porta dei Millennial. Il pezzone, scritto a quattro mani con Danti (chi?) dei Two Fingerz, è un altro tentativo del dj di riposizionarsi dopo aver fatto fortuna con la coda della generazione X, grazie a quanto pubblicato con gli Eiffel 65.
Il brano, innocua traccia tazzaura estiva che piacerà sicuramente a chi apprezza i “concerti” in playback e usb drive, è un fan service assoluto per le nuove e le vecchie generazioni: trovi il drop per ballare, ma anche Bim Bum Bam, Battisti (oh oh oh) e “gli Olandesi del Milan”. In più, per strizzare palesemente l’occhio alle nuove generazioni, spazio anche al già citato autore di “Andiamo A Comandare” e agli Youtuber Mates.
Il punto è che invece di far la figura del più figo del mondo, che ha vissuto gli anni migliori del Dopoguerra, i Nostri fanno la figura dei babbazzi, dimostrandosi niente più e niente meno dei tanto “sfottuti” millennial (che poi riescano a fare views e incassare qualche soldo, perchè comunque viviamo in un’epoca maledetta, è un altro film che non ci interessa molto).
Sì, perché “quelli del 2000” colpe ne hanno veramente poche. Mica è colpa loro se sono nati nell’era del digitale, dove con uno smartphone riesci ad andare a Londra con quattro denari, attingere ad un potenziale archivio musicale e cinematografico da fare spavento, scoprire cosa succede dall’altra parte del mondo entrando solamente su Twitter e far guadagnare a gente come Favij non si sa quanti soldi all’anno. Saranno passati vent’anni, ma se guardiamo alle enormi possibilità arrivate negli ultimi dieci sembra siano passate ere geologiche.
Inoltre musicalmente le generazioni attuali non se la passano male. Certo, c’è la platea di lobotomizzati che si spaccano ascoltando tracce uguali come fu “Blue (Da Ba Dee)” a suo tempo, niente di nuovo, ma trovare 14enni che conoscono i Joy Division o gli Arctic Monkeys senza l’aiuto dalla regia dei fratelli maggiori oggi è molto più facile di qualche anno fa. Da questo punto di vista, certi Millennial possono insegnarne di musica a Gabry Ponte senza alcuna riserva.
Il vero autogol è pensare di fare i fighi citando le robe pop dell’epoca e (involontariamente?) riuscire nell’ardua impresa di fare il perfetto ritratto della parte peggiore della Generazione X. Sì, perché il trentenne medio descritto dall’ex Eiffel 65 e dall’ex Two Fingerz è uno che ascolta i Guns e Nirvana “perché sono ruoc”, che si spara le domeniche pomeriggio in discoteca sperando di abbordare la sfitinzia della terza B, che si ricorda ancora che il figlio di Roby Facchinetti si faceva chiamare DJ Francesco e che ascolta la musica dance come molti. Inoltre, tanto per aggiungere ancora disagio al ritratto desolante, il topos dell’adolescente anni Novanta è un lobotomizzato che passa le ore davanti alla TV a giocare con il Mega Drive e a guardare altri casi umani al Karaoke di Fiorello.
No, non sarò un Millennial ma non sono manco della generazione di Gabry Ponte. Io, e come me molti altri, abbiamo avuto la fortuna di vivere gli ultimi anni di MTV come vero e proprio divulgatore di musica mainstream di tutte le sfaccettature: trovavi Jennifer Lopez, ma subito dopo anche i Korn e i Limp Bizkit. Trovavi la Britney Spears degli esordi, ma anche Bon Jovi e i Blink 182. E il Festivalbar non era solamente musica dance, ma anche Avril Lavigne (che era pop fino al midollo ma nel panorama medio era l’alternativa della porta accanto) e, andando indietro negli anni, un Ligabue che ancora scriveva pezzi clamorosi, Björk, Blur, Bryan Adams, i Lemon Tree, gli Oasis all’apice della carriera e Sting. Non era tutta musica tunz tunz tunz, ecco. Siamo la generazione che i dischi se li ascolta dall’inizio alla fine, e non una playlist a caso su Spotify, e siamo quelli che Vasco Rossi l’abbiamo conosciuto prima che cantasse lalalalala fammi godere.
Ah, e Bim Bum Bam iniziava alle 16. Per la cronaca.