Chi si aspetta un Jesse Hughes cambiato dopo quanto avvenuto negli ultimi anni si sbaglia di grosso: il frontman degli Eagles Of Death Metal, infatti, resta la solita persona alla mano di sempre. Lo abbiamo incontrato in occasione dell’ultima tappa del loro tour italiano, che si è tenuta all’interno dell’Home Festival di Treviso. Una band rock and roll in una giornata dominata dall’hip hop e dalla EDM di Martin Garrix.
Nella chiacchierata, oltre a due parole su “Zipper down” e sui progetti futuri, anche un viaggio nel passato del musicista statunitense: dalla scintilla che ha fatto scattare l’amicizia con Josh Homme alle sue sorprendenti influenze musicali.
Hai pubblicato “Zipper Down” un anno fa. Come potresti descrivere in poche parole la produzione del disco e la promozione dello stesso?
Amo questa domanda. Non voglio dire che questo è stato un disco facile da scrivere, ma che è stato facile perché a farlo hai trascorso molto tempo con dei veri amici: prendere delle droghe e scrivere grande musica con loro è bello, se lo fai essendo pagato lo è ancora di più. Se prendi tutti i lavori degli Eagles Of Death Metal e li confronti tra loro, vedi che c’è una direzione precisa che cerchiamo di seguire sin dal primo disco. Non voglio definire questa come una “evoluzione”, non credo in questo cose, ma come un progetto in continuo sviluppo. Trascorrere il tempo con i miei amici è la migliore droga che ho mai avuto, Joshua è il migliore dei miei amici, è anche qualcosa di più…
Ho letto dell’aneddoto che ha fatto scattare la vostra amicizia…
Fu la mia prima vera festa, il primo party al quale andai ai tempi dell’high school. Non ricordo praticamente nulla, se non che si è tenuto nella Highway 74 e l’aggressione di quella notte: un bullo mi prese per il collo e mi gettò in una piscina. Trascorsi ben tre ore in quella piscina e da un momento all’altro, come in un film, arrivò una persona che disse “fuori dalle palle”: era Joshua. Mi prese per la maglietta, mi alzò di peso e mi disse “tieni a bada a te stesso, la prossima volta”. Poi si voltò verso il bullo e disse “ora è il tuo turno”. E, chiaramente, lui iniziò a correre. Un evento che definirei più che un punto di svolta della nostra amicizia.
È il tuo migliore amico, con lui hai registrato molte cose come, ad esempio, le Desert Sessions, ma non lo hai mai portato in tour con te, salvo rari casi in Nordamerica. Come mai?
È un pensiero dolce e amaro. Per spiegartelo ti faccio una domanda: elencami un side project che ha avuto un grande successo e che sia durato più di un disco. Se ci pensi bene, non ce n’è uno. E sai il perché? Perché sono legati indissolubilmente ad una sola persona. La forza degli Eagles Of Death Metal è che siamo riusciti a sopravvivere per così tanto tempo senza Josh. Josh ci è stato d’aiuto all’inizio, ci ha permesso di cogliere una grande opportunità di farci conoscere velocemente e, sin dall’inizio, sapevamo che non sarebbe stato coinvolto in maniera pesante. È l’autore di alcuni pezzi, vero, ma il progetto è quasi tutto sulle mie spalle.
Hai collaborato con Money Mark, storico produttore dei Beastie Boys: è stata una scelta spinta dal fatto che sei un loro fan?
I Beastie Boys sono la mia band preferita di sempre. Me ne fotto di quello che pensano gli altri, ma “Check Your Head” fu un disco che cambiò tutto. I Beastie Boys sono stati tutto; la prima volta che capii che avrei voluto far parte di una band è stata grazie a loro. Partirono come dei rapper e poi pubblicarono “Check Your Head”. Ho vissuto per un periodo nella stessa strada nella quale venne registrato quel disco, puoi immaginare quanto ne sono stato fiero. Tornando a Money Mark, lui produsse il mio disco solista, le tre canzoni che trovi nel disco degli EODM provengono da lì, quindi era ovvio citare la sua presenza. Ho voluto Money Mark come produttore perché, personalmente, voglio essere George Klein (amico di lunga data di Elvis Presley), ma non posso esserlo. Così alla fine un amante di George Klein e dei Beastie Boys fondò gli Eagles Of Death Metal. Un po’ come un ragazzo bianco, fan di Little Richards e dei The Stooges che diventa un punk rocker.
The Stooges. Iggy Pop. Con lui hai fatto parte del progetto Gutterdämmerung. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Il mio personaggio è quello di un cacciatore di taglie di innocenti, una cosa che faccio ogni sera. A parte gli scherzi, ho sempre voluto fare il cinema, amo il cinema e sono sempre stato un fan dei western. Gutterdämmerung è una delle cose più affascinanti che ho fatto in tutta la mia carriera; durante le registrazioni mi sono sentito come posseduto per pochi secondi. Sono stati i pochi secondi più lunghi della mia vita!
Perché hai scelto una cover di “Save a prayer” dei Duran Duran? Sei per caso un loro fan, come lo sono io? Qual è la tua canzone preferita?
“Hungry Like a Wolf”, senza ombra di dubbio.
Personalmente dico “Careless Memories”.
Ah, vai sul classico! Tornando al discorso Duran Duran: hai presente il cartone di Bugs Bunny, quello nel quale viene letteralmente trascinato da un odore? Ecco, con “Save a Prayer”, la prima volta che la ascoltai, ho avuto la stessa sensazione, nella vita reale. Mi sono immaginato in un mondo fatto di belle ragazze ascoltando quel pezzo.
Quindi Beastie Boys e Duran Duran sono le band più importanti secondo Jesse Hughes?
No ce n’è un’altra: i Parliament Funkadelic. Sono ossessionato dalla loro musica. Quando arrivai al traguardo della laurea, i miei nonni mi diedero 35mila dollari, credo per acquistare una casa o, comunque, per iniziare a farmi una vita dopo gli studi. Spesi tutti quei soldi, più 6mila dollari dei miei risparmi personali, per seguire il reunion tour dei Parliament Funkadelic che durò per tre mesi. Mia madre si scocciò non poco, mia nonna si arrabbiò, ma quell’esperienza diede una svolta alla mia vita. In quei tre mesi imparai molte cose della vita. Imparai che non importa di che colore sei, da dove vieni: la musica accetta tutti. Diverse volte mi è capitato di essere l’unico bianco ai loro concerti, soprattutto nella parte sud degli Stati Uniti, ma nessuno mi fece pesare questa cosa. Anzi, venni accolto in maniera festosa, mi dissero “ce l’hai fatta, fottuto bianco” e feci tanta festa con loro. In quei tre mesi capii che te ne devi fregare di come uno appare, di dove viene, della sua razza e della sua religione: quando vuoi trascorrere del tempo con me, divertirsi e fare festa, sei sempre il benvenuto. Questa è la mia unica regola. (Indicando la mia tshirt dei Blur) Adoro questa band, “Parklife” è uno dei miei dischi preferiti, “Girls And Boys” è un pezzo killer. “Girls who like boys who like girls”.
Ti sei laureato in giornalismo: pratichi ancora o hai mollato?
Sì, ma questa volta sono dall’altra parte della barricata! No, ma quegli studi mi hanno permesso di diventare una persona capace di informarsi per bene. Amo i giornalisti, rispetto i giornalisti e, al contrario di molti altri miei colleghi, non credo che siano il nemico. L’unica volta che ho voluto imporre delle regole ai giornalisti l’ho fatta per proteggere il mio cuore, e sai a cosa mi riferisco. Non voglio parlare di certi argomenti che mi hanno segnato. Sono cose che non riguardano lo show business, lo show business è ben altro. Non pratico il giornalismo, ma scrivo ancora molto. Chissà, magari in futuro potrei anche intraprendere la carriera di giornalista politico.
Gli Eagles Of Death Metal sono nati nel 2004, l’ultima Desert Session è del 2003. Per caso la tua band ha sancito la fine del progetto?
Non sono la persona adatta a parlare di questo argomento ma, chissenefrega, lo faccio lo stesso. No, le Desert Session non sono ancora finite e, per quanto ne so io, Josh ha in testa almeno tre progetti che sono incredibili. C’è solo un grosso problema: non abbiamo tempo. Non dovrei scendere nei dettagli, ma nelle idee iniziali c’era un qualcosa suddiviso per genere: un disco suonato da sole donne e un disco suonato da soli uomini. Ma mi raccomando: se lo incontri e gli fai qualche domanda su questo argomento, non dire assolutamente che queste dritte te le ho passate io!
E per il nuovo album degli Eagles Of Death Metal?
L’ho già scritto! Josh è stato coinvolto nella scrittura e, appena rientrerò a casa, cominceremo le registrazioni. Ho anche in cantiere un nuovo album solista che si potrebbe intitolare “Illuminaughty”.