“Mount Ninji and Da Nice Time Kid”, l’ultimo album dei sudafricani Die Antwoord, potrebbe sancire la loro fine artistica. Che non tirasse una grande aria dalle parti di Cape Town era cosa nota: il gruppo che ruota attorno a Yolandi e l’MC Ninja è passato, nel giro di poco più di un lustro, da gruppo più estremo e cool del globo all’anonimato totale. Al punto che sorge il sospetto che le notizie di scioglimento, uscite a ridosso della pubblicazione e poi smentite, siano state diffuse per accrescere un hype che non era in realtà mai decollato.
Il ritorno dei Die Antwoord segna un miglioramento rispetto a “Donker Mag”, terzo sfortunato full length uscito due anni fa, ma dimostra che la formula dei Die Antwoord vive una fase di stanca; non bastano infatti gli inserimenti EDM, con una sfumatura j-pop, e un’aria fanciullesca a rilanciare l’inquietudine di certe atmosfere degli esordi. Anzi, a conti fatti, sembra di essere davanti non alla band capace di shockare con “I Fink U Freeky” ma ad una colonna sonora di un freak show della periferia nordamericana. Ad amplificare il tono da fenomeni da baraccone anche la presenza degli ospiti che, escluso Sen Dog dei Cypress Hill capace di mettere la sua impronta su “Shit Just Got Real”, non vengono sfruttati per nulla. Jack Black esce malissimo su “Rats Rule” e Dita Von Teese, coinvolta in “Gucci Coochie”, sembra più un ornamento messo là a caso. Ma il top del freak show è Lil Tommy Terror, giovanissimo ragazzo di sei anni che rappa su “Wings on My Penis” e “U Like Boobies?” con risultati imbarazzanti.
Ed è un peccato perché ci sono diversi spunti clamorosi degni di essere approfonditi: l’iniziale “We Have Candy” inizia il disco alla grande, le sonorità da rave party di “Banana Brain” e della conclusiva “I Don’t Care” mettono alla luce l’ottimo lavoro del produttore God e i beat hip hop di “Jonah Hill” e “Peanutbutter + Jelly” avrebbero meritato più spazio di un semplice interlude tra una canzone ed un’altra. “Mount Ninji and Da Nice Time Kid” è questo: un lavoro con idee che dimostra il fatto che, se volessero, i Die Antwoord avrebbero una marcia in più ma che finiscono dimenticate nel magma di una mediocrità. Fatto che fa pensare che il progetto sia ormai arrivato al suo esaurimento artistico.