Premessa: è un miracolo assistere, nel 2016, al ritorno dei Sum 41 con un nuovo disco intitolato “13 Voices”. Un miracolo perché, dopo la “The Downward Spiral” vissuta da Deryck Whibley nel 2014 (il picco fu il suo ricovero a metà 2014 per un’insufficienza renale ed epatica a causa dell’abuso di alcol), c’era il serio rischio di vedere il suo frontman vinto da seri problemi di salute. Invece i Sum 41 ritornano alla grandissima e con il gradito rientro in formazione del chitarrista Dave Baksh, chitarrista solista del gruppo fino al 2006.
Con questo background, si capisce fin dal primo ascolto che tira un’aria diversa dalle parti di Ajax, Ontario: “13 Voices” di fatto ha ricoperto un ruolo terapeutico nella vita di Deryck Whibley, che si è ritrovato a scrivere un album mentre era costretto a dover reimparare a fare qualsiasi cosa a causa della malattia, dal suonare la chitarra al camminare. Il risultato è il disco più dark dei canadesi, al punto che “13 Voices” potrebbe anche essere visto come una parentesi importante nella loro carriera. Non troverete pezzi scanzonati come “Still Waiting” o “Fat Lip” e, quando ci sono (basti pensare a “God Save Us All (Death To Pop)” o alla title track), si respira un’aria di inquietudine. Questo è dovuto a una produzione praticamente perfetta, a dei testi tutto fuorché adolescenziali (basti pensare ad alcuni titoli come “Fake My Own Death” e “There Will Be Blood”) e alle tastiere che danno un contributo fondamentale al suono complessivo.
Con il ritorno di Dave Baksh, invece, ritorna quell’attitudine metal che aveva caratterizzato i primi lavori: rivediamo gli assoli, e quello di “Goddamn I’m Dead Again” merita di essere ricordato tra i migliori momenti della loro discografia, e si inseriscono anche alcuni momenti veloci, a conferma dell’amore del gruppo per l’heavy metal. In questo punto è importante anche il contributo fondamentale del nuovo ingresso Frank Zummo, che già al debutto ci fa rimpiangere i soli cori dello storico Steve Jocz. Il risultato del ritorno a sonorità più vicine al metal e il mood dark è che alcuni pezzi ricordano molto i Linkin Park. Anzi, si arriva al punto che brani come “Breaking The Chain” e “The Fall And Rise” potrebbero tranquillamente stare così come sono nella discografia della band di Chester Bennington.
La citazione fatta all’inizio del capolavoro dei Nine Inch Nails non è fuori luogo: “13 Voices” è per i Sum 41 e il suo frontman Deryck Whibley una sorta di terapia di gruppo per uscire da un periodo che avrebbe fatto fuori qualunque altro gruppo. Ora, non sta a noi giudicare se i Sum 41 dureranno ancora molto tempo e se Whibley avrà vinto definitivamente la sua lotta con l’alcol, ma nel 2016 ci hanno regalato quello che possiamo definire tranquillamente il miglior capitolo della loro carriera.