Every Time I Die – Low Teens

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Da qualche disco, più o meno dall’ingresso in Epitaph con “New Junk Aesthetics”, la formula degli Every Time I Die non ha subito grossi scossoni, e anche l’ultimo “Low Teens” non è che si discosti molto dai tre lavori precedenti. Il loro fattore di forza, in ogni caso, è uno: gli Every Time I Die sono la conferma vivente che quando una formula funziona la cosa più difficile è riproporla senza risultare autocitazionisti. E da questo punto di vista la band di Buffalo si conferma uno dei nomi migliori usciti dalla scena *core del Terzo Millennio.

Dopo quindici anni di carriera, con scorribande in clamorosi supergruppi (The Damned Things, ricordate?), gli Every Time I Die confermano gli altissimi livelli ai quali la band ci ha sempre abituato. Un disco pieno di rabbia e di sofferenza, più che in passato, che ha risentito soprattutto nei testi della vita privata di Keith Buckley, che ha rischiato di perdere la moglie e il figlio che aveva in grembo al momento del parto. Il risultato è un “Low Teens” che inizia con i ritmi cadenzati di “Fear And Trembling”, ma che già da subito alza il ritmo con “Glitches”, retta da quegli stop and go che ci hanno fatto innamorare di questi ragazzi del New Jersey, e le clamorose “I Didn’t Want to Join Your Stupid Cult Anyway” e “The Coin Has A Say”, la prima scelta come singolo di lancio. Gli Every Time I Die però non hanno mai disdegnato la melodia, e non solo per il fatto che il southern rock è stato sempre parte del loro impianto musicale: forte dell’esperienza con i già citati The Damned Things, e del fatto di essere tra i più dotati cantanti nel genere, gli Every Time I Die dimostrano di essere tra i migliori con brani orecchiabili come la bluesy “Two Summers” e l’altro potenziale singolo “C++ (Love Will Get You Killed)”. L’episodio da ricordare, quello che conferma il quid che la band ha rispetto “alla concorrenza” è “It Remembers”, brano nel quale collaborano con Brendon Urie dei Panic! At The Disco che unisce alla perfezione le loro tre anime, quella melodica, quella arrabbiata e quella bluesy.

Se c’è un gruppo nella scena *core capace di rendere il genere meno noioso e stereotipato questi sono gli Every Time I Die, che anche questa volta riescono nell’impresa di sfornare una nuova gemma nella loro discografia con il nuovo “Low Teens”. Un nuovo album da primi della classe che però, con molta probabilità, non muoverà di molto la loro posizione di nicchia nella scena. Ed è un peccato.

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