Chi è rimasto stupito dai Paramore di “After Laughter”, molto probabilmente o non è un loro fan o è rimasto fermo al debutto “All We Know Is Falling”. Di quella lineup di fatto è rimasta la sola Hayley Williams, visto che il batterista Zac Farro è rientrato solo da pochi mesi in formazione dopo una pausa durata sei anni e quasi sicuramente con meno “potere contrattuale” rispetto al periodo dei primi tre lavori. Siamo di fronte ad una band totalmente diversa rispetto a quella che dodici anni fa emerse dal calderone emo diventando in poco tempo, e grazie al successo del secondo disco “Riot!”, influenzatori di un intero movimento.
Il punto è che “After Laughter” è la perfetta sintesi di un percorso durato dieci anni. Hayley Williams ha sempre desiderato diventare la Cyndi Lauper della sua generazione (molto più graziosa e con molto più talento, sia chiaro), ma almeno fino al terzo lavoro è sempre rimasta intrappolata nel topos di artista da copertina di Kerrang! o Rocksound cucitole addosso. Solo con l’omonimo quarto disco, escludendo qualcosa del passato come “The Only Exception”, i Paramore hanno fatto vedere la loro natura pop, seminando segnali del loro futuro in hit come “Still Into You” e “Ain’t It Fun”. Di fatto, “After Laughter” prende la parte pop di “Paramore” e la fa diventare preponderante.
I risultati sono spiazzanti per i fan della prima ora, e molto probabilmente qualcuno lo perderanno per strada vista la svolta tangibile a livello di suono. Ciò non toglie che il quinto capitolo degli statunitensi sia tanto coraggioso quanto riuscito. Un pop zuccheroso, trasportato nel 2017 direttamente dagli anni Ottanta che può far felici i fan più giovani con le melodie spensierate ma anche i più adulti, che nelle dodici tracce possono sentire qualche eco di band come The Bangles e Talking Heads. “Hard Times” è un brano spensierato che non nasconde la sua anima malinconica nel testo, “Rose Colored-Body” è la canzone che avrebbe scritto la già citata Cyndi Lauper se avesse avuto vent’anni nel Terzo Millennio mentre più riuscite sono l’upbeat di “Fake Happy” (personalmente la inserirò nella mia playlist estiva), l’anima pop di “Pool” e la conclusiva “Tell Me How”, forse il brano più legato del lotto alla musica del Terzo Millennio.
Un disco figlio degli Eighties dal quale esce alla grandissima Taylor York, molto più a suo agio in questo disco a cavallo tra funk e pop che nelle cavalcate rock del passato. “After Laughter” può essere considerato come un capitolo di rottura rispetto al passato dei Paramore, ma che per assurdo è la conclusione di un percorso e l’inizio di uno nuovo. Ad un primo impatto il senso di spiazzamento è forte, ma dopo diversi ascolti si riescono a cogliere le sfumature che ti fanno pensare che in futuro i Paramore potranno dire grandi cose anche in questa nuova veste. Non il loro miglior album, ma di sicuro un buon nuovo inizio.