Per capire la Lauryn Hill del 2017, e apprezzarla, non bisogna fare l’errore di paragornarla con quella di una ventina d’anni fa. L’artista statunitense torna in Italia e sceglie Lucca Summer Festival per la prima tappa italiana, che si è tenuta sabato 8 luglio 2017 nella centralissima Piazza Napoleone. In apertura l’esibizione di Kamasi Washington, sassofonista statunitense che dopo aver collaborato con numerosi artisti (Herbie Hancock, Snoop Dogg, la stessa Lauryn Hill e Kendrick Lamar solo per citarne alcuni) raggiunge il successo con il triplo album “The Epic”.
La Lauryn Hill attuale può sembrare spiazzante ma è il risultato di una persona che nel 2000, all’apice della sua carriera, ha mollato tutto ufficialmente per dedicarsi alla famiglia ma, molto probabilmente, per paura di essere fagocitata dallo showbusiness. Una scelta coraggiosa perché messa in atto poco dopo il successo mondiale di “The Miseducation Of Lauryn Hill” e che, con il senno di poi, le ha molto probabilmente salvato la vita. Quindici anni nei quali ha fatto sporadiche registrazioni in studio e tour con il contagocce, nei quali ha potuto mettere alla luce il suo grandissimo talento.
Il talento di Lauryn Hill… grandissimo, indescrivibile, forse l’artista femminile più clamorosa uscita negli ultimi trent’anni (più anche delle pluricitate Adele e Amy Winehouse, anche solo per il fatto di essere poliedrica anche dalla parte della produzione) in mano ad una personalità difficile da inquadrare. Una figura che se ne strafrega del look, al punto di presentarsi sul palco con una improbabile giacca e un cappellino altrettanto improponibile, e di proporre le hit pari pari alle versioni in studio ma che, anzi, le riarrangia cucite su misura attorno alla (big) band che si porta di supporto, e alla quale verrà dato più volte ampio spazio, stravolgendole letteralmente. L’esempio più eclatante è “Everything Is Everything”, una delle sue canzoni più famose piazzata ad inizio concerto e riconoscibile solamente dal testo.
Il concerto è un lungo viaggio nella sua breve ma intensa carriera ma, soprattutto, nel suo modo di vedere la musica: improvvisazione, sapore retrò e un perfezionismo maniacale, cosa che la porterà più volte a lamentarsi con i tecnici per problemi con i suoni. Anomalie che molto probabilmente hanno influenzato la prima fase dello show, nella quale Lauryn Hill sembrava non ingranare con la voce. Lo show di fatto decolla con l’accoppiata “Final Hour” e “Lost Ones”, parentesi nella quale ha sfoderato un rapping che, al contrario, non ha alcun filo di ruggine. Non mancano le canzoni anch’esse riarrangiate dei Fugees, alle quali viene dedicata un’ampia parentesi a metà concerto, lo spazio per alcuni vocalizzi, nei quali il talento della Hill viene mostrato nel suo massimo splendore, e alcune cover, come “Can’t Take My Eyes Off You” di Frankie Valli e “Feeling Good”, lo standard di Cy Grant inciso dall’artista in un biopic su Nina Simone nel quale salirà sul palco Kamasi Washington per contribuire col il suo sax.
Il concerto di Lauryn Hill molto probabilmente lo capirò a mente fredda tra una settimana. Ma una cosa è certa: bisogna essere solamente felici di poter ancora vedere dal vivo una figura come Lauryn Hill nel 2017. Una personalità complessa, un talento cristallino che, se non avesse fatto quella coraggiosa scelta alle porte del Terzo Millennio, molto probabilmente sarebbe andato perso, o nella maniera più tragica o in quella più piegata alle logiche commerciali e alle logiche di un facile profitto. Sinceramente, va bene così.
Fotografie di Giuseppe Craca