Intervista a Kenny Wayne Shepherd: “Non so cosa mi aspetto dalla mia musica del futuro”

Kenny Wayne Shepherd sarà in tour in Italia questo weekend: il musicista statunitense, 40enne ma nel giro ormai da più di vent’anni, si esibirà domenica 23 luglio all’interno della rassegna Carroponte di Sesto San Giovanni (MI), per quella che sarà l’unica tappa italiana di un tour mondiale che lo terrà impegnato per tutta la seconda metà del 2017.

In occasione di questa data, e dell’imminente uscita del nuovo disco “Lay It On Down”, abbiamo intervistato il musicista, originario della Louisiana, per ripercorrere alcuni passi della sua ventennale carriera e dei progetti futuri.

Pubblicherai tra pochi giorni “Lay It On Down”. Puoi raccontarci il lavoro che c’è stato per questo disco?
Anche se siamo entrati in studio ad inizio 2017, ho trascorso gli ultimi due anni a scrivere canzoni durante i concerti che avevo in programma; un periodo che mi ha tenuto particolarmente impegnato visti i tanti live. Quando, alla fine dello scorso anno, avevo pronti molti grandi pezzi abbiamo deciso di entrare in studio per registrare l’album, con lo scopo di lavorare ai dieci migliori brani da destinare a questo disco.

Siete entrati in studio con le idee chiare o avete cambiato alcuni dettagli in corso d’opera?
Penso che il risultato finale ottenuto sia quello che effettivamente volevamo: fare un gran disco con testi importanti e musiche incise da altrettanto grandi musicisti. Le demo con le quali siamo entrati in studio non erano ancora pronte del tutto, era ancora necessario lavorarci perché in genere partiamo sempre dalle linee vocali. Entrati in studio poi, i pezzi si sono evoluti arrivando a quel risultato finale che è “Lay It On Down”.

“Nothing But The Night” l’hai descritta come un nuovo capitolo della tua carriera. È quanto ci dobbiamo aspettare da te in futuro?
Non è facile dire oggi cosa mi aspetto dalla mia musica del futuro. Il prossimo album potrebbe essere totalmente diverso da quanto ho pubblicato finora, ma questo pezzo è sicuramente un qualcosa di fresco rispetto a quanto ho inciso finora: suona nuovo e diverso da quanto ho fatto io ed altri, questo è sicuro.

Inizierai un tour di quattro mesi tra Europa e Nordamerica in questi giorni, con una data in Italia a fine luglio. Che tipo di setlist porterai a questi concerti?
Partiremo da subito con canzoni estratte dal nuovo album, non aspetteremo una leg futura del tour per suonarle al pubblico. Abbiamo fatto uno show alcuni giorni fa negli Stati Uniti e da “Lay It On Down” abbiamo preso ben cinque pezzi. Ci sarà quindi sicuramente del materiale dal nuovo disco, ma anche canzoni che ho registrato negli ultimi vent’anni che voglio far sentire ai fan e che gli stessi fan vorrebbero ascoltare. Spesso inseriamo anche delle cover nei nostri concerti, brani di Bob Dylan, Fleetwood Mac ed altri, ma chiaramente vogliamo dare ampio spazio anche al nostro materiale originale.

Non è la prima volta che vieni in Italia. Hai avuto la possibilità di visitarla?
Quando siamo passati un paio di anni fa, pur essendo molto impegnati e con dei programmi molto serrati, abbiamo avuto la possibilità di godere delle molte belle cose che ci sono in Italia: bellissimi posti. Ma ho avuto l’onore di venire in Italia più volte in passato, indipendentemente dai tour. Io e mia moglie ci siamo fidanzati ufficialmente a Roma e alcuni anni fa composi un intero disco da quelle parti. Sì, l’Italia è un Paese fantastico.

Sei impegnato da più di vent’anni in tour, come solista o parte di band. Hai mai pensato di prenderti una lunga pausa per dedicarti a tempo pieno alla tua numerosa famiglia e ai tuoi cinque figli?
La mia carriera implica degli impegni, impegni che ho anche nei confronti dei miei fan. Certo, devo far conciliare il tutto con i miei doveri familiari: la vera sfida è riuscire a incastrare la vita privata con quella professionale. In realtà però ho preso già delle pause in passato: quando nacque la mia prima figlia, e di seguito gli altri quattro, ho sempre preso alcuni mesi di stop da dedicare alla famiglia e trascorrere a casa. L’ho fatto in passato, ma non mi sento pronto ad abbandonare il mio percorso musicale per un anno o più.

Da musicista autodidatta, quali sono i tuoi suggerimenti a chi vuole intraprendere una carriera professionale?
Penso che oggi sia una sfida molto dura e competitiva ottenere successo nel mondo della musica, molto più che in passato. Il primo suggerimento, che può sembrare il più ovvio, è quello di suonare la musica che ami di più, non piegandoti a quello che vogliono i fan, ma essere devoto a quello che piace a te. Perché si parla pur sempre di una professione che, se tutto va per il verso giusto, ti terrà impegnato per tutta la vita.

Hai mai pensato di fare un progetto con il tuo coetaneo Joe Bonamassa?
Non ho mai vincolato la mia carriera al progetto solista: basta pensare che da qualche anno sono membro dei The Rides con Stephen Stills e Barry Goldberg, persone che appartengono a diverse generazioni. Sono aperto a collaborare con chiunque, sarei felice di farlo anche con gente della mia generazione come Joe Bonamassa, soprattutto se parliamo di grandi musicisti che compongono grande musica. Certo, ad oggi non ho ancora nulla in ballo con lui, resta solo da vedere cosa succederà in futuro.

Cover photo credit: Kristin Forbes