Con “Sleep Well Beast”, che casualmente esce a pochi giorni di distanza dal ritorno dei concittadini LCD Soundsystem, i The National vogliono puntare l’occhio di bue su New York City, rimarcando il ruolo fondamentale della città nella musica internazionale.
Al contrario della band di James Murphy, che con la sua musica ti sballotta da un quartiere all’altro della Grande Mela, il combo capitanato dal frontman Matt Berninger porta l’ascoltatore ad un viaggio interiore, in quell’io influenzato dai timori e dalla rassegnazione che sta caratterizzando la vita dei Millennials o di coloro che stanno vivendo la “Midlife crisis”, magari in una situazione di coppia.
La matrice sonora che caratterizza la discografia dei The National non viene snaturata ma, rispetto al passato, l’elettronica ricopre un ruolo più importante. Un mood a tratti malinconico nei quali si inseriscono i testi scritti dallo stesso Berninger a quattro mani con Carin Besser, ex giornalista del New Yorker ma, soprattutto, compagna di vita. Testi che raccontano di matrimoni in procinto di fallire (“Day I Die”) o amori non propriamente idiallici (“Carin At The Liquor Store”), l’ansia (“Walk It Back”) e il senso di disorientamento nella vita quotidiana (“I’ll Still Destroy You”). Non mancano gli episodi più tirati e rock, con “Turtleneck” che suona come una piacevole sorpresa per chi conosce il gruppo dagli esordi.
Una cosa è certa: “Sleep Well Beast” non è un disco autobiografico, non vi sono separazioni in vista e lo stesso Matt Berninger ha confermato che non è un disco sulla rottura. “Sleep Well Beast” non è altro che un modo per confrontarsi e cercare di vincere le paure dell’uomo moderno, destinato al paradosso dell’isolarsi in un’era di presunta facile socialità. E, a conti fatti, anche uno dei migliori lavori della carriera dei The National.