Anticipato dal singolo “Wall of glass” è finalmente disponibile “As You Were” il nuovo album di Liam Gallagher. Chi mi conosce sa che gli Oasis non sono nel mio pantheon musicale, ma il coraggio da parte dell’ex Beady Eye di intraprendere la strada della carriera solista è meritevole di stima. Alla fine parliamo comunque di uno degli artisti che è l’emblema della trappola del frontman: quei musicisti che al di fuori della loro band madre rischiano di farla fuori dal vaso. Non è l’unico caso, anzi, su questo argomento fanno più notizia le eccezioni (Henry Rollins, per dirne una,) che le regole.
“As You Were”, purtroppo, non slega il più giovane dei Gallagher da questa macumba, essendo tranquillamente definibile per buona parte come un disco degli Oasis senza il talento di Noel Gallagher, lui sì capace di costruirsi una grande carriera dopo lo storico litigio di Parigi del 2009. Leggasi: una noia mortale dove ad emergere sono ben pochi momenti. Non basta un inizio scoppiettante con “Wall of glass”, singolo di lancio, a salvare la baracca, quando per il resto si è di fronte allo scimmiottamento sfacciato (“Paper Crown” ricorda troppo i Beatles) o all’autoreferenzialità più becera (più o meno tutto il disco, ma “For What It’s Worth” è l’esempio più calzante). Gli unici momenti interessanti, al di fuori della traccia d’apertura, sono quando Liam esce dal terreno battuto: “You Better Run” è un uptempo perfetto per la sede live e una “Doesn’t Have To Be That Way” che, pur ricordando a tratti i Primal Scream, mostra un’interessante anima lisergica.
I maligni vedono in “As You Were” il pretesto per un nuovo tour, che serve a pagare le sontuose royalty che Liam deve pagare vita natural durante a Ian Brown degli Stone Roses e a Tim Burgess dei The Charlatans. Artisticamente, siamo di fronte ad un altro passo falso di un cantante che, da ormai un decennio, sta cercando una nuova via artistica.