Intervista a Frank Carter: “Ogni cosa cambia all’arrivo di un figlio”

Frank Carter, leader dei The Rattlesnakes e noto per i suoi trascorsi in Gallows e Pure Love, è tornato in Italia la scorsa estate dopo i concerti invernali da headliner e di supporto ai Biffy Clyro. Il combo britannico si è esibito lo scorso 31 agosto all’interno del Day 1 di Home Festival, giornata nella quale ha condiviso il palco con Duran Duran, Bloody Beetroots, Moderat e Soulwax.

Prima del live (al quale sarebbero dovute seguire altre date in Europa con i Papa Roach, cancellate per problemi personali dell’artista) abbiamo incontrato lo stesso Carter per parlare di “Modern Ruin” e di come l’arrivo di una figlia abbia stravolto il suo modo di vedere il mondo.

“Modern Ruin” è un disco che parla delle relazioni umane e di come si possa passare facilmente da un periodo felice ad un periodo buio. Credi che i tuoi fan abbiano capito la tematica di questo disco? E come è stata accolto questo album?
Il disco è andato molto bene, ma non credo di essere la persona migliore per poter dare un giudizio su questo argomento e sul fatto che il pubblico abbia capito il messaggio che abbiamo voluto dare con “Modern Ruin”. Una volta che il disco è arrivato nei negozi non importa cosa volevo dire, perché da quel momento l’album appartiene ad ogni persona, che può dare la sua personale interpretazione. Nel complesso sì, è stato accolto positivamente ed è stato un successo.

A tre anni dall’inizio di questa avventura, puoi affermare che è il miglior progetto che puoi avere in questa fase della tua carriera?
Assolutamente, è fantastico e mi ha dato la possibilità e la fortuna di suonare la musica che ci piace, viaggiare il mondo. Posso solo festeggiare un periodo come questo, sono molto fortunato.

“Modern Ruin” è un album che suona differente e più complesso rispetto al debutto “Blossom”. Cosa vi ha portato a questo cambiamento?
Abbiamo voluto prima di tutto trasmettere il messaggio che non siamo una band che vuole rimanere incasellata in un unico genere. Non siamo solo hardcore, non siamo punk: vogliamo suonare più generi che, mescolati assieme, diano come risultato finale un sound unico, ed è questo l’approccio utilizzato per la registrazione di “Modern Ruin”. Ma c’è una cosa che molti non sanno: i brani di “Blossom” e “Modern Ruin” sono stati scritti tutti nel 2015, a pochi mesi di distanza. Li abbiamo registrati a distanza di sei mesi l’uno dall’altro ma, per ovvi motivi, non potevamo pubblicare due lavori in un lasso di tempo così breve. Semplicemente, abbiamo voluto essere liberi.

Hai una figlia di due anni: il suo arrivo ti ha fatto cambiare il modo di vedere il mondo?
Ogni parte di me è cambiata dopo il suo arrivo. In ogni posto nel quale vado, ogni cosa che vedo, ogni interazione con le persone, non posso fare a meno di pensare a lei e fare di tutto per renderla fiera di quanto faccio. Voglio avere un impatto positivo sulla sua vita: ogni cosa cambia all’arrivo di un figlio, ogni giorno c’è un cambiamento.

Oggi suonerai all’interno di un festival. Quali sono le differenze tra questo contesto e quello di un club?
Ogni situazione ha i suoi pro e contro. Amo l’energia e l’atmosfera dei piccoli club, ma anche quella delle grandi folle. Preferisco i festival perché hai più spazio nel quale esporti e una maggiore possibilità di ottenere nuovi fan, di sicuro è più facile conquistarne qui che nei piccoli club. Sì, preferisco i festival, ma molto probabilmente tra un paio di settimane potrei darti una risposta totalmente diversa.

Da cittadino e padre di famiglia, hai paura per le prospettive del tuo paese e della tua vita a seguito della Brexit?
Sì, sono terribilmente preoccupato e spaventato. Credo che la Brexit sia la scelta più deludente e senza senso presa dal Regno Unito negli ultimi cinquant’anni almeno. Se c’è una cosa positiva che è uscita da questa vicenda è l’aumento esponenziale dell’interesse verso la politica da parte dei giovani. La mia speranza è che, nell’arco di pochi anni, alle prossime elezioni i giovani dicano la loro. Il successo di Jeremy Corbyn può essere visto come un piccolo segnale di questo ritorno di fiamma verso la politica da parte delle generazioni più giovani.

Frontman, genitore, tatuatore. Dove trovi l’energia per fare tutte queste cose?
Adoro essere un genitore ed un artista. Non ho preferenze su quale ruolo preferisco, ma posso dire di essere fortunato a poter seguire svariati progetti diversi tra loro e di avere una famiglia che mi supporti in quanto faccio. Non so come faccio a trovare il tempo, ma riesco a mettere insieme tutti i pezzi e mantenerli uniti.

In passato hai affermato di essere pronto a lasciare la carriera di musicista per diventare tatuatore a tempo pieno. E’ un’idea che hai ancora in testa?
No, anche perché già faccio il tatuatore a tempo pieno e con costanza. Sono riuscito a conciliare entrambe le cose. In passato ho avuto una fase della vita nella quale mi ero trovato davanti al dover scegliere, ora non più.

Grazie a Fabio Cangianiello