Se c’è un filo rosso che collega i vari capitoli della discografia di Beck, e questo “Colors” si inserisce perfettamente in questa regola, è che nessun disco segue le orme del precedente. D’altronde parliamo di un artista che negli anni ha esplorato i più svariati generi, al punto di collaborare con Edgar Wright sulla colonna sonora di “Scott Pilgrim Vs The World” per fare il suo album noise rock, e che, quando poteva fare “Loser” per tutta la vita, decise di collaborare con i Dust Brothers e dare la luce a “Odelay”, un progetto così variegato che mai ti saresti aspettato da chi cantava di essere un perdente.
“Colors” però può essere ricondotto a un suo lavoro precedente, quel “Midnite Vultures” che lo ha visto giocare col funk, ma solo dal punto di vista dell’attitudine: l’album è infatti un’esplosione di colori e di good vibes, una sorta di contraltare al precedente “Morning Phase” che con il suo folk retrò lo portò a vincere ben tre Grammys. “Colors” è il disco più mainstream della sua carriera. Ma il suo non è un tipo di “musica di massa” come quello che domina nelle classifiche e nelle playlist di Spotify che tartassano le orecchie dei Millennials: è un pop sofisticato, curato nel minimo dettaglio e che richiama più agli anni Ottanta che all’era moderna. Un disco che ha visto tra le sue influenze anche lo stato di salute del musicista losangelino: buona parte di “Colors” è stata infatti composta durante il suo recupero da un infortunio grave alla schiena, periodo che lo avrebbe portato a un approccio diverso sulle cose.
Le dieci tracce di “Colors” presentano quasi tutte un approccio per le masse, grazie a melodie perfettamente studiate e quel metodo citato precedentemente. Si respira un modus operandi eclettico alla Prince, soprattutto su “Seventh Heaven”, ma anche la ricerca del pezzo perfetto alla Police (“No Distraction”), il crossover tra rock e hip hop di “I’m So Free” e il funk di “Up All Night”. Un lavoro positivo, in un percorso che può essere simile a quello che ha portato i Coldplay all’ultima fase di carriera, e che ha dalla sua il fatto di scorrere dall’inizio alla fine senza alcun momento di noia.
“Colors” non sarà il miglior disco della sua carriera, ma di sicuro è il lavoro più completo da diversi anni. Una cosa è certa: anche questa volta Beck, che possiamo considerare a questo punto uno degli eredi spirituali del genio di Minneapolis, ha fatto centro.