Esce il 9 marzo nei negozi “Desert Yacht Club”, il nuovo album dei toscani Negrita che tornano nei negozi a distanza di tre anni dal precedente lavoro “9”, promosso con un tour che li ha portati a suonare nei palasport, negli open air ma anche nei club che non calcavano da diversi anni.
Un album, il decimo della loro carriera, che è stato vissuto come una sorta di terapia di gruppo e che ha impedito alla band di sciogliersi. “L’inizio dei lavori di questo album è avvenuto proprio per impedire che la storia dei Negrita avesse una fine”, ha affermato il gruppo, “Si erano create delle situazioni per le quali questo scenario di aver raggiunto la linea del traguardo era possibile, ma lo abbiamo ritenuto inaccettabile. Siamo partiti sfruttando l’occasione di tre concerti all’estero per guardarsi negli occhi, mettere i problemi sul tavolo e affrontarli. Gli anni passano, ognuno li affronta a suo modo, se certe cose non le condividi rischi di perdere la connessione con i tuoi colleghi ed amici. Se cogli in tempo questa cosa qua e ti sta a cuore quanto fai e hai costruito negli anni fai in modo di trovare una via alternativa, per non distruggere quanto hai creato”.
Oltre ai problemi che hanno rischiato di portare all’epilogo della storia dei Negrita, il gruppo ha dovuto affrontare anche coloro che vorrebbero la loro musica come una sorta di comfort zone: “Durante la lavorazione abbiamo affrontato nostri problemi personali e superare il fatto che le persone ci hanno chiesto di non cambiare mai. Lo scrupolo di non ripeterci lo abbiamo sempre avuto, se capitava qualcosa che ricordava il passato veniva subito scartata. Il non cambiare mai è, per noi, una richiesta egoistica che non accettiamo. L’attitudine, certo, è sempre la stessa ma cambiamo a seconda di ciò che ci viene dettato dalle nostre esistenze e da quello che ci circonda. Con questo lavoro abbiamo voluto interpretare il nostro tempo e questi anni, facendolo a modo nostro. Se non vi piace, fottetevi”.
Una registrazione nel deserto della California per la quale è stato utilizzato un metodo chiamato Kitchen Groove: “Il Kitchen Groove è un concetto che ci ha fatto sfruttare ciò che ci ha dato la vita negli anni. Da tanti anni utilizziamo studi residenziali perché la musica la viviamo 24 ore al giorno, anche nel 1996 a New Orleans abbiamo registrato “XXX” dormendo in uno studio, svegliandoci se ci venivano idee da buttare giù. Questa volta l’approccio è stato diverso: il tavolo è stato il nostro campo da gioco, con un computer, due casse, una scheda audio e strumenti economici, escludendo quindi ogni forma di sala prove. Tecnologia, materiale economico che ci hanno permesso di stare continuamente in movimento scattando vere e proprie istantanee di musica, componendo ovunque. Un modo di lavorare completamente nuovo, tra un soffritto e una peperonata. Quando non hai limiti di tempo e lavori in una cucina dove vivi con il gruppo, tra un pasto ed un altro, o anche in un momento di relax, la musica scorreva e la vivevi tutto il giorno”.
Un disco nato durante un’esperienza nel Sud Ovest degli Stati Uniti: “Il disco è stato un trip nel trip. “Desert Yacht Club” è nato on the road, su un furgone girando per la California, passando per il deserto di Joshua Tree, Los Angeles, San Diego. Questo modo di lavorare ci ha permesso di non avere alcun limite. Un disco nato guardandosi in faccia, in un deserto che ti spinge automaticamente anche a guardarti dentro. A questo album abbiamo approcciato in maniera diversa rispetto a vent’anni fa, cosa che ci ha permesso di esplorare tematiche che prima non erano state affrontate. Ci siamo resi conto che con il decimo disco è il presente che ci interessa e il nostro background si deve aprire a cose che all’apparenza non collimano, con la consapevolezza di fare quello che può essere visto come un passaggio generazionale. Di essere vecchi non ci passa per l’anticamera del cervello, lo spirito è ancora temerario e ci spinge a ricercare quella passione che va iscritta in questo tempo”.
I Negrita saranno protagonisti di tre concerti-evento, che si terranno a Milano, Roma e Bologna e sui quali al momento non si sono sbilanciati: “No, non porteremo la California sul palco perché il disco di fatto non parla di California. È un caso che questo disco sia stato inciso in questa regione, se fosse stato inciso a Bangkok l’esperienza sarebbe stata sicuramente diversa. Abbiamo lavorato in giro per il mondo ma siamo nati in provincia che non rinneghiamo perché, pur con tutti i suoi limiti, per noi ha una funzione simile a quella di un rigenerante. Il disco è nato dopo un periodo difficile, di problemi fisici e personali, inciso da un gruppo che ha visto il rischio di qualche componente al di fuori della band. Più che alla California “Desert Yacht Club” guarda più al periodo nel quale abbiamo iniziato che al futuro”.