Jovanotti, il report del concerto all’Arena di Verona del 19 maggio 2018

Quando venne annunciato il mastodontico tour nei palasport di Jovanotti a spiccare, per quanto mi riguarda, non fu la lunghissima residency al Forum di Assago (al quale si aggiungeranno due show di fine tour a luglio) o la vastità dell’impegno live nell’arco di quasi un semestre, ma quelle sei serate all’Arena di Verona incastrate nella parte finale del tour. Sì, perché pur essendo una location ormai inflazionata nell’ultimo lustro, il fascino dell’anfiteatro romano è ancora fuori discussione.

Il risultato qual è stato, alla fine di quasi tre ore di concerto? Il fatto che i concerti all’Arena di Verona di Jovanotti saranno molto probabilmente la cosa più bella che si possa vedere dal vivo nel nostro Paese da qui ai prossimi anni. La concorrenza è avvisata ma era già allertata, visto che l’artista di origini aretine ci ha sempre abituato ad alzare l’asticella nelle esibizioni dal vivo nel nostro Paese.

L’esibizione, introdotta da un video nel quale vengono riproposti spezzoni legati al Don Chisciotte, inizia poco dopo le 21 con quella “Ti porto via con me” che con la citazione “In questa notte fantastica” delinea già come sarebbe andata la serata. Due ore e mezza di show che iniziano con i beat dance della già citata “Ti porto via con me” e “Le canzoni”, primo dei numerosi estratti dall’ultimo fortunato lavoro “Oh Vita”. Ma si svolta già al terzo pezzo, dove con la combo “Penso positivo” e “In Italia”, con la prima che vedrà tra gli ospiti del video Guido Meda e l’ultima che includerà anche una citazione di “Cara Italia” di Ghali, si svolta nei terreni del funk, grazie soprattutto alla backing band di supporto che presenta insieme ai collaboratori storici Riccardo Onori e Saturnino, e lo stesso Jovanotti per più volte nel ruolo di chitarrista, musicisti che arrivano da Venezia ma anche da Brooklyn e dalla Giamaica.

Lorenzo Live 2018 è uno show con molte anime, le stesse che hanno caratterizzato il percorso artistico di Jovanotti. Infatti dopo l’inizio tra funk ed elettronica (qui si aggiungono anche “SBAM” e quella “Oh Vita” che lo riporta alle sue origini artistiche, al punto di proporre un vero e proprio freestyle in coda) si continua con una lunga parentesi acustica con le ballad “Gli immortali”, “Mi fido di te”, “Sbagliato”, “Baciami ancora” e “Chiaro di luna”, smorzando il ritmo ma non le emozioni. Di vera e propria parentesi si tratta perché, subito dopo, arriva la dance di “Fame”, con la passerella a centro palco che si alza di alcuni metri, e il DJ Set centrale che chiude di fatto la prima parte dello show, con lo stesso Jovanotti che in cabina di regia mixa i suoi pezzi (“Tanto tanto tanto”, “Una tribù che balla”, “Muoviti muoviti”, “Attacca la spina”, “Non mi annoio”) e propone in chiusura lo storico riff di “Smells like teen spirit” dei Nirvana.

L’esibizione svolta letteralmente con “L’ombelico del mondo”, non a caso con la canzone che divide di fatto la sua carriera in due: con dei gonfiabili che circondano l’intero parterre, Jovanotti la canterà al centro dell’Arena, prendendosi l’abbraccio del pubblico dalla prima all’ultima nota. Uno dei suoi brani più affermati dà l’inizio alla seconda parte del concerto, quella che presenta le sue anime di ragazzo innamorato (“A te”, “Ti sposerò”, “Ragazza magica”, “Tutto l’amore che ho”, “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”) appassionato della musica tribale (“Safari”) che non disdegna la moderna EDM (“Tensione evolutiva”, “Sabato”) e che sotto sotto rimane un ottimista dalla positività travolgente. E se con “L’estate addosso” si respira l’aria di libertà con la nostalgica prospettiva del “Settembre che ci porta una strana felicità”, con l’accoppiata “Ciao mamma” e “Ragazzo fortunato” l’Arena di Verona diventa un territorio dove la tristezza è stata lasciata fuori dopo i controlli dei numerosi metal detector posti nel perimetro esterno dell’Arena.

L’encore è a due anime: si inizia in maniera soft con “Terra degli uomini”, con Jovanotti alla chitarra, per chiudere con la festa di “Mezzogiorno” e “Viva la libertà”, con gli ultimi abbracci ai ragazzi del pubblico (l’artista si spingerà anche nei lati del palco, quasi a scusarsi per quelle persone che il concerto lo hanno visto da un lato non facile) e le lunghe presentazioni dei componenti della backing band. Una chiusura che vede Jovanotti uscire dal palco per ultimo, ringraziando tutti fino all’ultimo secondo disponibile.

Ormai Jovanotti è un artista che gode di un repertorio enorme, infatti molte sono le assenze che si possono recriminare nella scaletta: all’appello infatti mancano i pezzi dei primi due lavori e hit come “Serenata rap”, “Raggio di sole”, “Bella”, “Mi fido di te” e quella “Le tasche piene di sassi” proposta in altre occasioni. Ma, facendo un bilancio dell’intera serata, la scelta della setlist risulta azzeccata e perfettamente coerente con il viaggio sonoro e visivo che l’artista ha voluto proporre in questo Lorenzo Live 2018.

Lorenzo è un fiume in piena: si cambia d’abito più e più volte, si destreggia in diversi momenti alla chitarra e cerca il contatto con i fan delle prime (e ultime) file praticamente in ogni pezzo, non disdegnando quelli messi in posizioni logisticamente più sfortunate come già detto prima e apprezzando il fatto di avere un pubblico che spazia dai bimbi ai nonni, leggendo inoltre anche i cartelli dei fan proponendosi, a risposta di due futuri sposi, di venire a suonare al loro matrimonio perché “tanto da luglio saremo liberi”. Un musicista impegnato, che parla nel corso della serata di razzismo, ironizza sulla Brexit con il batterista di origini giamaicane, sulla situazione politica italiana (“Siamo la maggioranza, quindi il governo lo faremo noi!”) e sulla tradizione operistica dell’Arena di Verona, che lo porterà in diversi momenti ad improvvisarsi tenore.

Se non si fosse capito dopo aver letto quanto sopra, e se vi siete dimenticati quanto scritto nel secondo paragrafo, Lorenzo Live 2018, e nello specifico i concerti all’Arena di Verona, sta scrivendo una pagina indelebile nella storia della musica italiana contemporanea. Non c’è nulla da aggiungere: nel 2018, uno dei re della musica dal vivo tricolore è e resta uno dei nomi più prestigiosi se non, almeno per chi scrive, il numero uno.