“A Star Is Born” è il musicarello di Lady Gaga. E funziona.

Il musicarello è stato negli anni uno dei più importanti veicoli promozionali per un cantante e con un target incentrato sul pubblico giovanile. Una definizione prettamente italiana e diffusissima negli anni Cinquanta e Sessanta con le pellicole di nomi come Little Tony, Gianni Morandi, Al Bano e Romina Power e Peppino Di Capri solo per citare alcuni, ma che ha avuto i suoi esempi anche negli anni successivi, come nel filone neomelodico dominato da Nino D’Angelo o il “Jolly Blu” di Max Pezzali. Un format andato forte anche all’estero, e basti pensare ad Elvis Presley e le sue numerose pellicole o i The Beatles di “Help!” e “Yellow Submarine”, per citare due esempi.

A suo modo “A Star Is Born” è il musicarello di Lady Gaga, che approda al cinema al suo primo ruolo da protagonista dopo alcuni cameo in “Sin City: A Dame To Kill For” e “Machete Kills!”. Ad accompagnarla un Bradley Cooper anch’egli al debutto, nel ruolo di regista, che per l’occasione sfoggia un clamoroso look da rocker consumato che esteticamente ricorda molto, o forse fin troppo, quello di Eddie Vedder dei Pearl Jam. Musicarello è un termine che per molti può apparire dispregiativo nei confronti di quest’opera, ma in realtà si è di fronte ad una storia che per buona parte funziona pur essendo di fronte ad un cannovaccio utilizzato più volte in passato, sia in ambito cinematografico che teatrale.

Lady Gaga la conosciamo bene: talento clamoroso (per chi scrive l’unica grande novità del pop da almeno vent’anni a questa parte) e una che cura meticolosamente ogni singolo dettaglio della sua carriera professionale sin dagli esordi, al punto di spogliarsi da ogni trucco che ha caratterizzato il suo look per mostrarsi al naturale anche quando, verso la fine del film, diventa la popstar del momento. Approccio che la stessa Live Nation Productions ha messo in atto, coinvolta nel suo progetto finora più ambizioso e primo a ricevere una distribuzione globale nelle sale cinematografiche.

L’inizio mette in chiaro da subito di che pasta sarà il film: l’attacco di “Black Eyes” ha un impatto rock che non si vedeva dai tempi degli Stillwater di “Almost Famous”, a conferma che la musica ha un ruolo centrale nell’intera storia. Inoltre le riprese dal vivo trasportano lo spettatore al centro del palcoscenico, cosa che si è vista poche volte in un film mainstream. La musica è il collante in una storia d’amore che nasce durante una drag queen night, con Lady Gaga che passa dal ruolo di cameriera fallita a carismatica interprete di “La Vie En Rose” nell’arco di un’inquadratura. Soprattutto il primo tempo è caratterizzato dall’introduzione dei personaggi e del loro piccolo mondo: Ally è un’artista dalle grandissime potenzialità e che vive una vita dalla autostima minata anche dal lavoro e dalle attenzioni del padre, un grande Andrew Dice Clay ex crooner ora autista delle star, mentre Jackson Maine è l’artista affermato che vive in bilico tra le grandi platee (tra cui quelle di Coachella e Glastonbury), le dipendenze da alcol e sostanze e pesanti problemi di acufene, con il fratello Bobby nel ruolo anche di manager e vera e propria balia.

Il film è una storia di ascesa e declino, di successo e di fallimenti, di amore fedele e bugie a fin di bene, di amicizie durature (con un Dave Chappelle che buca lo schermo da subito) e persone senza scrupoli (l’ambiguo manager Rafi Gavron), una sorta di risposta dell’America più rurale ai lustrini di “La La Land”. Le grandi città si vedono solo in alcuni piccoli estratti, gli scenari dove avvengono le scene più toccanti sono dei pub sgangherati, dei parcheggi di supermercati e dei diner in mezzo al nulla e la loro casa non è un attico con vista skyline ma una villetta in mezzo al bosco dove si respira arte fin dall’ingresso. La musica è essa stessa parte della narrazione e ci si trova a passare, nell’arco della pellicola, nel vedere le vicende di Ally che passa dall’essere un fenomeno su YouTube alla vincitrice di un Grammy Awards con tanto di ospitata al Saturday Night Live.

I brani di “A Star Is Born” sono di fatto il disco di debutto di Bradley Cooper e il sesto album di Lady Gaga e ciò che traspare è il desiderio di lasciare dei brani che rimarranno nella memoria a lungo. Una canzone come “Shallow” è un classico sin dal primo ascolto, ma non sono da meno neanche pezzi più pop come “Why Did You Do That?” e “Heal Me” o ballad del calibro di “Look What I Found” o la conclusiva “I’ll Never Love Again”, che chiude alla perfezione “A Star Is Born”.

Il film non è perfetto: Cooper è eccellente nel ruolo di attore ma non si dimostra altrettanto valido come regista, legato dai limiti dell’essere una sorta di debuttante di spicco che ha avuto la sfortuna di non lavorare con grandi maestri del genere ma, soprattutto, da una sceneggiatura che si perde nel finale e che si salva in extremis grazie alla performance clamorosa di Lady Gaga. Sì, perché è lei la stella alla quale si riferisce il titolo, un talento vocale sul quale nessuno aveva dubbi, ma che ora ha le carte in regola per diventare anche una grande attrice. In molti la danno come sicura protagonista ai prossimi Oscar: previsione che molto probabilmente vedremo realizzata.

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