Slaves, il report del concerto di Bologna del 27 ottobre 2018

Il punk del 2018 arriva sotto forma di un duo. E se il concetto lo hanno sbandierato più e più volte gli Sleaford Mods, ieri sera gli Slaves hanno ribadito questo concetto al Zona Roveri di Bologna. Un concerto, il primo da headliner per i britannici nel nostro paese, che aveva le carte per essere un evento irripetibile ma che poi, alla conta dei fatti, ha radunato nella periferia industriale orientale del capoluogo emiliano un numero esiguo di persone (un centinaio circa, arrotondato per eccesso).

Con gli italiani Submeet ad aprire la serata, un power trio dal background post rock e dai volumi illegali, alle 22.30 circa salgono sul palco gli Slaves. La band del Kent è composta da ragazzotti della periferia britannica: Isaac Holman si presenta con addosso degli shorts rossi della Adidas che mettono in risalto il suo fisico taurino mentre il chitarrista Laurie Vincent in total black con un inedito look biondo platino. Il concerto parte a mille con “Sockets”, mettendo in chiaro che l’ora scarsa di concerto sarà un mix di furia punk, spacconaggine e tanta più melodia di quanto possa sembrare in apparenza. Con “Take Control” praticamente ignorato nella scaletta (verrà proposta la sola clamorosa “Fuck the hi-hat”), unica macchia della serata, e un incursione nell’EP di debutto “Sugar Coated Bitter Truth” nella riuscita “Beauty Quest”, il concerto è praticamente focalizzato sull’ultima fatica “Acts of Fear and Love” e il fortunato debutto “Are You Satisfied?”. Il carisma e la carica dei due sono magnetici e non si può rimanere fermi di fronte a brani come “The Hunter”, “Cheer Up London”, “Chokehold” o la semiballad “Photo Opportunity”, alla conta finale l’unico momento della serata dove il gruppo tira un po’ il freno.

Ci sono due momenti della serata che inquadrano bene l’aria che si respirava nel locale. Il primo avviene all’inizio del concerto quando Isaac Holman racconta la genesi del gruppo e il perché negli Slaves ci sono due soli componenti. La risposta è semplice: “Non abbiamo trovato un cazzo di nessuno che suonasse con noi”. Il secondo avviene a metà concerto quando, durante la riproposizione del singolo “Cut And Run”, un fan sale sul palco invitato dalla stessa band per danzare il balletto del video con una fedeltà quasi didascalica.

Nei 14 pezzi proposti non vi è una singola pausa: 56 minuti tirati con un mood da serata tra amici. Laurie Vincent scenderà tra il pubblico almeno un paio di volte con la sua chitarra e Isaac Holman stringerà le mani delle prime file in diversi momenti del concerto. Peccato per l’affluenza ridicola ad una serata da incorniciare. Ma il problema non è quello dei pochi presenti, ma di coloro che hanno preferito restare a casa.