Gli Alt-J attualmente sono in pausa dopo quasi due anni di tour di supporto a “Relaxer”, terzo studio album del gruppo inglese. Il trio di Leeds è stato protagonista la scorsa estate di uno show da headliner al day one di Home Festival, la rassegna che si è tenuta a Treviso lo scorso settembre; abbiamo incontrato prima del loro show Gus Unger-Hamilton e Joe Newman per una breve chiacchierata.
Cosa pensate di questo grande revival anni Ottanta che stiamo vivendo in questi anni, con la riscoperta della musica elettronica e dei synth?
Penso che in realtà la proposta musicale di questi giorni, prima di tutto, si collochi più che negli anni Ottanta nei primissimi anni Novanta, visto che si sta percorrendo una via vicina alla dance. Penso che la musica stia facendo un utilizzo dell’elettronica vicino a quanto fatto da Hans Zimmer in “Rain Man”. Non ci sentiamo particolarmente vicini a questa scena però, se devo dire la verità, ci siamo sempre sentiti ai margini di questo tipo di rivisitazione. Non credo sia corretto parlare di artisti che copiano altri artisti: certo, succede che alcune canzoni suonino come dei brani passati ma, di riflesso, trovi band che propongono qualcosa di innovativo diventando una sorta di ispirazione per le generazioni future.
Avete vinto il Mercury Prize con il vostro primo disco e avete calcato i più importanti palchi internazionali in un breve tempo. Come vi sentite ad aver ottenuto tutti questi traguardi importanti senza essere una boyband?
Beh, i premi e i traguardi rimangono delle cose molto belle, ma fare musica e suonare in giro rimane sempre il nostro obiettivo più importante. Ci sono gruppi più di successo, come nel 2012 si sono formati dei gruppi che ora sono più famosi di noi. Una cosa è certa: siamo fieri di dove siamo arrivati oggi, guardando sempre al nostro prossimo obiettivo ma con i piedi ben saldi per terra.
Avete scritto un pezzo, “Nara”, che è in Giappone. L’Asia per caso influenza la vostra musica?
In realtà più che l’Asia è il Giappone che ci ha influenzato. Non siamo dei grandi conoscitori dell’Asia, anche se abbiamo avuto l’occasione di visitarla più volte grazie ai nostri concerti, e nei nostri pezzi questo continente trova spazio più quanto abbiamo letto su ciò che quanto abbiamo vissuto. “Nara” è ispirato ad una cosa interessante che abbiamo letto, quello che in questa zona i cervi sono considerati sacri. Non abbiamo vissuto l’Asia da viaggiatori con zaino in spalla; ma se ascolti la musica degli Alt-J, troverai importanti influenze europee da Spagna, Francia e, perché no, anche dall’Italia.
Siete in tour da più di un anno. Dopo questa serie di concerti prenderete una pausa?
Sì, ci prenderemo una pausa dopo questo tour e vedremo cosa fare in futuro. Non abbiamo idee sul nostro futuro: ci prenderemo una vacanza, magari viaggiando in un camper!
Grazie a Noisyroad