I Hate My Village, il racconto del concerto di Pordenone del 16 febbraio 2019

Gli I Hate My Village sono il supergruppo che serviva alla musica italiana, e non solo per il parterre di primissimo ordine che vanta in lineup musicisti del calibro di Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours), Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Marco Fasolo (Jennifer Gentle) e Alberto Ferrari (Verdena). No, perché sono un gruppo dall’approccio internazionale che omaggia in modo clamoroso quell’Africa sulla quale, e molti se lo scordano, poggia le radici una grande fetta della musica che ascoltiamo ogni giorno.

Unica tappa nel Nordest, tenutasi al Capitol (ex cinema riadattato a sala concerti) di Pordenone, ha visto il quartetto protagonista di un concerto breve ma intenso. Sono pochi i pezzi a disposizione, essendo uscito da poche settimane il loro disco di debutto, ma qui “I Hate My Village” viene suonato praticamente nella sua interezza e con improvvisazioni che arricchiscono il mix tra rock, funk, musica nera e blues, il tutto impreziosito da campionamenti e contributi vocali di Alberto Ferrari, spesso puliti ma in alcuni momenti anche filtrati.

Si spazia infatti dal beat elettronico di “Tony Hawk Of Ghana” passando per episodi più roots oriented come “Fame”, non dimenticando quelle accelerate dal retrogusto jazz come “Tramp” o “I Ate My Village” e una canzone come “Aquaragia”, che fonde le anime africane a quella più riconducibile alla musica contemporanea. Poco spazio alla contemporaneità con un’eccezione inaspettata come la cover di “Don’t Stop Till You Get Enough” piazzata a sorpresa ad inizio dell’encore. La primadonna della serata è la musica e il musicista, con tutti che godranno del loro momento di gloria, al punto che sarà ridotto al minimo essenziale dialogo con i presenti, praticamente ad alcune battute di Marco Fasolo tra un pezzo ed un altro; il contatto con i fan è stato lasciato all’aftershow, con la band disponibile per due chiacchiere già pochi minuti dopo la fine dell’esibizione.

Gli I Hate My Village sono la perfetta fusione di talento e di capacità di rendere accessibile una musica non di massa. Le aspettative visti i musicisti coinvolti erano altissime, ma ampiamente ripagate da un concerto di qualità come non si vedeva da tempo. Un altro gruppo italiano dal respiro internazionale che si aggiunge alla lunga lista e, speriamo questa volta, possa essere in grado di ritagliarsi uno spazio di rilievo anche all’estero.