L’indie pop tricolore sta vivendo in questi anni un periodo di grande successo tra il pubblico e, anche se il concerto degli Ex-Otago al Gran Teatro Geox di Padova non ha portato folle oceaniche di spettatori, la risposta per una band che fino a poco tempo fa si esibiva in club di più modeste dimensioni è stata positiva. L’effetto Sanremo ha sicuramente contribuito a questo salto di quantità, ma i genovesi arrivavano da un album come “Marassi” che aveva già permesso loro di farsi conoscere al grande pubblico.
Si amplia l’arena, cresce il pubblico ma l’attitudine del quintetto ligure resta sempre quella. Niente produzione stratosferica, l’unico “lusso” che si concedono è un pannello sul retro che trasmetterà dei visual dedicati per ogni pezzo e, come introduzione del concerto, uno zapping televisivo con tanto di finto spot del concerto di Padova. A penalizzare l’esibizione, una resa acustica non soddisfacente con la batteria in eccessivo risalto per quasi tutto lo show.
Avevamo detto di “Marassi” come album che li ha lanciati; e non è un caso che il loro penultimo disco ricopra un ruolo fondamentale nella setlist insieme all’ultimo “Corochinato”, nei negozi da febbraio. E molto probabilmente è voluta anche la scelta di ripescare pochissime cose dal loro passato remoto; dal punto di vista dei pezzi, trova spazio una latineggiante “Costarica”, che insieme ad una toccante cover di “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio De André, sono gli unici brani al di fuori della loro ultima parentesi di carriera. Dal passato però arrivano altre due importanti influenze, come lo spettro di Luca Carboni che aleggia sull’intero show, e soprattutto sull’esibizione del cantante Maurizio, e quella eurodance che li ha spinti in passato a fare una cover di Corona: una passione ancora intatta e testimoniata anche da quell’intro a cassa dritta che ha accompagnato l’esibizione di “Tutto bene”.
Dalla loro gli Ex-Otago godono di una formula perfetta per il live: avere in canna pezzi che fanno saltare, lanciati da cori diventati veri e propri inni generazionali, e anche dei pezzi acustici notevoli. Un esempio è proprio la già citata “Costarica”, suonata sul parterre nell’area bar dell’arena immersi dal calore del pubblico. Ma è con pezzi come “Bambini”, l’inno “I giovani d’oggi” e l’ormai storica frase “I giovani d’oggi non valgono un cazzo”, “La nostra pelle”, “Quando sono con te” e la conclusiva “Cinghiali incazzati” che il pubblico esplode, creando un frastuono molto più rumoroso di quanto ci si potesse aspettare. Spazio anche per “Solo una canzone”, il brano che li ha portati ad esibirsi nella vicina Sanremo e che, aprendo l’encore, li ha visti anche esibirsi con lo stesso completo total white utilizzato alla kermesse canora.
Una band dalle mille sfaccettature, dalle molte influenze e con una proposta che può colpire in maniera più o meno trasversale: non saranno i più famosi del lotto, non avranno ancora ottenuto il prestigio di un Forum di Assago, i teenager preferiscono il più giovane Gazzelle, ma i liguri Ex-Otago hanno a loro favore il fatto di essere una band solida e con un repertorio destinato a durare, frutto di influenze giuste e di una lunghissima gavetta. Una band che non si brucerà al primo raggio di sole ma molto probabilmente destinata a durare.