Con il concerto all’Astra Kulturhaus di Berlino di sabato 4 maggio 2019 si è chiusa la prima parte del tour europeo dei Jawbreaker, il primo a più di vent’anni dallo scioglimento arrivato dopo la pubblicazione di “Dear You”. E anche se per il terzetto statunitense gli anni comunque si fanno sentire, cosa che poteva far sorgere ai più qualche quesito sulla tenuta dello show, l’aria dell’evento la si respirava già da prima che iniziassero a suonare.
Sì, perché non a caso ad accompagnarli c’erano i Beach Slang, band il cui leader Alex James non ha mai nascosto di aver loro come massima ispirazione: spesso suonarono delle cover dal vivo e due anni fa, quando la reunion fu ufficiale, fu lo stesso frontman a scrivere di suo pugno un editoriale sulla band per il blog del Riot Fest. Naturale per una band che respira Jawbreaker in molti brani del suo repertorio, escludendo la cover del classico dei Pixies “Where’s My Mind” piazzata a fine concerto: stop and go, cori, tanta melodia e quel retrogusto di Foo Fighters che ti fa capire quando la band di Dave Grohl sia figlia di questo determinato periodo storico. Una band relativamente giovane (si è formata nel 2013) ma che già si muove come una grande. Bella sorpresa.
Alle 21 salgono sul palco i Jawbreaker e già dalle prime battute si capisce di essere di fronte ad un qualcosa di memorabile. Nessun lustrino per l’atteso rientro, solo qualche gioco di luce ed un enorme telo con il logo della band che mette in chiaro che questa sera parlerà solo la musica. E di altissima qualità, e non solo per gli eccellenti suoi che caratterizzeranno tutta la serata: non vi saranno infatti per tutta la durata dello show, circa 80 minuti, evidenti problemi a livello sonoro, e quelli tecnici si ridurranno ad un problema all’asta del microfono di Blake Schwarzenbach prontamente risolta dalla loro crew.
I Jawbreaker, sia chiaro, dimostrano tutti i loro cinquant’anni anagrafici: tutti e tre sovrappeso, se li vedi fuori dal palco sembrano tre amici che stanno facendo quella Eurotrip tanto sognata da teenager e mai fatta per problemi economici. Appena salgono sul palco, tolta la voce di Blake Schwarzenbach che effettivamente non è più quella di una volta, tornano invece il carrarmato rock che erano a metà anni Novanta: compatti e ruvidi ma contemporaneamente melodici, forse gli unici ad aver imparato a pieno la lezione di Bob Mould e dei suoi Hüsker Dü e Sugar, mixando il punk rock con l’alternative rock con una disarmante naturalezza.
Essendo l’ultima data di questa prima parte di tour europeo, Blake promette già dalle prime battute “una scaletta da tre ore e mezza, quindi state comodi”. Alla fine la cosa non si realizzerà, ma questa frase spiega in pochi secondi la grande ironia con la quale i componenti del gruppo affronta la vita. Non avranno dato spazio all’intera discografia, ma i brani che li hanno resi noti ci sono tutti. La scelta di iniziare con “Boxcar” fa svanire ogni perplessità iniziale su questo ritorno, stampando dal primo riff il sorriso sul pubblico dall’età media piuttosto avanzata. Si viene catapultati indietro di più di vent’anni nel giro di pochi secondi e con brani come “Want”, “Accident Prone” e “The Boat Dreams from the Hill” si capisce quanto i Jawbreaker abbiano influenzato la musica, che sia emo o punk rock, degli ultimi vent’anni e l’importanza per un’intera scena di album come “24 Hour Revenge Therapy”. Un pubblico che ha faticato a nascondere l’eccitazione per questo evento, spingendosi nelle prime file in un pogo che, agevolato anche dalla mancanza di transenne tra palco e platea, ha richiamato in alcuni momenti più caldi l’attenzione della stessa band.
L’encore inizia con “Save Your Generation”, apertura di “Dear You” e vero e proprio inno generazionale accolto con lo (scontato) entusiasmo dai fan. E anche se la voce di Blake Scharzenbach ha fatto fatica in più passaggi, le grida dei fan hanno ripianato in tempo zero questa lacuna. Sì, perché con questo ritorno live in Europa dopo più di vent’anni i Jawbreaker si confermano come una delle band fondamentali per il rock dai Nineties in avanti e che, chi se ne professa cultore, dovrebbe conoscere a menadito. Leggendari
Cover photo: Jawbreaker Facebook Page