Taylor Swift e la svolta artistica di folklore, la recensione

“folklore”, anche se sulla carta può essere vista come una rivoluzione, è la conferma del modus operandi della Taylor Swift che abbiamo conosciuto, almeno nell’ultimo decennio. Un’artista che ha fatto dell’hype per l’uscita di un nuovo lavoro, con numerosi teaser ed annunci, una gioiosa macchina da guerra che l’ha portata negli anni a vendere decine di milioni di copie in tutto il mondo. Taylor Swift è sempre stata famosa per due cose: per le sue relazioni amorose, spesso decantate in alcune delle sue canzoni, e quella visione chirurgica e maniacale del suo percorso professionale che l’ha portata alle vette del music business mondiale.

La scelta di far uscire il suo ottavo studio album a sorpresa, con un annuncio a poche ore dalla sua pubblicazione e senza alcun indizio seminato nel corso delle settimane precedenti, e solo l’ultimo dei capolavori comunicativi dell’artista statunitense. Perché non c’è modo migliore per lavorare ad un disco come un momento storico come quello del lockdown, quando invece molti suoi colleghi erano impegnati in dirette sui social media, e non c’è soluzione più ottimale di rilasciarlo appena terminato. Inoltre la svolta di immagine, che passa dagli esplosivi colori di “Lover” al bianco e nero di foto immerse nella natura, presenta già dagli scatti promozionali un’attitudine meno glitter e più down to earth rispetto al recente passato.

Al contrario di un’altra opera da lockdown che ha positivamente sorpreso (“How I’m feeling now” di Charli XCX), “folklore” non è una raccolta di canzoni che sembra un mixtape ma un album vero e proprio, con trio di produttori che vede Aaron Dessner dei The National e lo storico collaboratore Jack Antonoff dare man forte alla stessa Taylor Swift. Senza i vincoli di un percorso promozionale serrato, e soprattutto con l’attitudine di chi poteva incidere un qualcosa più libero dal punto di vista artistico rispetto al passato, “folklore” alla conta dei fatti ne esce come il lavoro più coeso e scorrevole della sua discografia. Tanti i richiami al suo esordio, con echi di quel country che la lanciò prima di tutto in madrepatria, ma anche la consapevolezza di incidere un qualcosa che può essere considerato come un capitolo a sé della sua carriera artistica.

“folklore” è un omaggio ai suoi eroi artistici. E chi si aspettava un intero album con Max Martin composto di soli brani da classifica o un disco collaborativo con alcune colleghe come Katy Perry, anche alla luce della recente riappacificazione sancita anche con il video di “You Need To Calm Down”, si trova invece un album che suona molto The National e un featuring con Bon Iver nell’agrodolce duetto “exile”. L’impronta di Aaron Dessner, che si interseca con quella capacità della Swift di scrivere linee vocali memorabili anche in contesti al di fuori di quelli dell’ultimo lustro, offre importanti stratificazioni di suoni per un disco che può essere riproposto dal vivo anche nell’essenzialità di una chitarra acustica e di un pianoforte. O, al massimo, con il supporto di un’armonica che rende “betty”, brano messo nelle retrovie della tracklist, come uno dei migliori del lotto, con quell’aria che rimanda inevitabilmente a quelle sue primissime visite a Nashville da teenager ancora illusa dell’amore eterno e fan del country.

La nuova opera della Swift è un disco concepito per essere ascoltato come un lungo viaggio di un’ora. E non importa se in un paio di momenti ci si imbatte in un paio di filler, come quelle “epiphany” e “mirrorball” che non aggiungono ma tolgono ritmo all’intero ascolto; nel complesso “folklore” è un lavoro che si lascia apprezzare dall’inizio alla fine. Un lavoro di storytelling, dove una cura nel dettaglio mascherata da una semplicità di facciata ci presenta un lavoro lontano dagli inni pop che hanno caratterizzato il suo catalogo. Manca una “Shake It Off”, ma se è il prezzo da pagare per un lavoro coeso e senza sbalzi di umore artistici, ben venga. Anche perché una “the last great american dynasty” ha le carte in regola per essere uno dei singoli più riusciti, dal punto di vista radiofonico, della sua carriera.

“folklore” non è una rivoluzione per l’operato di Taylor Swift, ma il perfetto tassello della sua carriera artistica inserito nel contesto storico nel quale si sta vivendo. Ma è soprattutto la dimostrazione che, anche in uno scenario non facile come quello del lockdown dettato dal Covid-19, è possibile incidere lavori di qualità. In molti si aspettavano, anche alla luce del molto tempo libero di artisti che si son trovati cancellati interi tour, una sorta di esplosione artistica e compositiva da parte delle star della musica. Taylor Swift ha dimostrato che questo pensiero è tutto fuorché sbagliato.