Dopo la mezza delusione di “Endgame” (disco che molte band si sognerebbero di scrivere, ma che è stato un sonoro passo indietro per il combo di Chicago), i Rise Against ridefiniscono la traiettoria e pubblicano un disco che si posiziona come ideale continuazione di “Appeal To Reason”, quinto lavoro di Tim McIlrath e soci e il capitolo che ha dato una svolta definitiva alla loro carriera.
“The Black Market” presenta, senza snaturare quanto fatto in una carriera che dura ormai da quindici anni, l’evoluzione di un gruppo la cui maggior parte dei componenti è arrivata alla soglia della quarantina; le composizioni si fanno più melodiche e ricercate, la maturità di testi che sono il manifesto di un impegno politico ed ambientalista, marchio di fabbrica del gruppo dell’Illinois, resta e la qualità in continua ascesa di brani come “The Eco-Terrorist In Me” ne sono la prova.
Pur con qualche pezzo-filler (la title track non è destinata ad entrare negli annali), la scaletta presenta diverse canzoni memorabili e anche le piccole ombre vengono dimenticate a favore di pezzi come il singolo “I Don’t Want To Be Here Anymore”, e il suo azzeccato bridge melodico in mezzo ad un uptempo punk, “A Beautiful Indifference”, che conferma il fatto che i Rise Against riescono a piazzare un pezzo-bomba anche nel lato b dei loro album, e “People Live Here”, il pezzo acustico che verrà ricordato come ideale seguito di “Hero Of War”.
Chi dava i Rise Against per finiti e “venduti” (io per primo) dopo “Endgame” dovrà ricredersi: il quartetto dimostra con “The Black Market” che il precedente capitolo è da considerare solamente come una parentesi.