Home Festival 2015, le foto e il report del primo giorno con Franz Ferdinand ed Interpol

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Se il buongiorno si vede dal mattino, l’Home Festival 2015 sarà una bomba. La rassegna potrebbe già aver chiuso ieri e nessuno avrebbe qualcosa da recriminare dal punto di vista artistico: la prima giornata, storicamente quella “debole” delle precedenti edizioni, è quella più forte del lotto, cosa che si intuiva già leggendo il cartellone dei gruppi nei giorni precedenti.

Il main stage è stato un vero e proprio crescendo: a scaldare gli animi (ancora pochi, ma non una platea deserta) i trevigiani Airway, che dopo aver calcato per due volte i palchi minori della rassegna vengono promossi nel main stage. Un’esibizione di riscaldamento, in vista del ritorno a metà ottobre con il nuovo disco “Aldilà” e che li ha visti proporre materiale del passato (come ad esempio il singolo “Supernova”) e alcuni estratti dalla nuova fatica in anteprima. In mezzo ci sono gli Interpol, che a Treviso chiudono il loro tour estivo di supporto a “El Pintor”, uscito un anno fa ma surclassato in scaletta da “Antics”, loro maggior successo commerciale uscito nel 2004. La band di Paul Banks convince con il suo repertorio figlio del post punk revival che ha permesso loro, insieme a The Strokes e The National, di dare una nuova vita alla scena indipendente di New York.

Il botto arriva però alle 22.45, quando salgono sul palco i Franz Ferdinand And Sparks, headliner della prima giornata e nome di spicco insieme a Paul Kalkbrenner del festival. Ed è festa grande, perché il loro concerto verrà ricordato sicuramente come uno dei migliori del festival e tra i migliori della sua storia. Chi si aspettava un frontman impacciato nel vedere Alex Kapranos senza la sua chitarra viene smentito già dopo le prime note di “Johnny Delusional”: lo scozzese ci sa fare anche senza il suo strumento preferito ed entra in sintonia fin da subito con Russell Mael, frontman degli Sparks con il quale condivide le linee vocali (con quel dio dorato di Nick McCarthy ai cori). La scaletta è un mix tra l’album pubblicato lo scorso giugno, i cui estratti dal vivo sono nettamente migliori che su disco, e alcune citazioni dal repertorio dei Franz Ferdinand e degli Sparks. E se brani come “The Number One Song in Heaven” e “This Town Ain’t Big Enough for Both of Us” sono dei balzi indietro nella new wave anni settanta/ottanta conosciuti da pochi, sugli estratti dei britannici è successo il finimondo: “Do You Want To” è stata accolta con un boato, “Michael” riarrangiata in chiave new wave ha fatto ballare praticamente tutti (IMHO apice del festival, ndr) e quando è partito il leggendario riff di “Take Me Out” ho visto, storia vera, persone che hanno interrotto ogni azione per saltare e cantare “So if you’re lonely, you know I’m here waiting for you“. Questo concerto ha semplicemente sancito una cosa: che i Subsonica, il già citato DJ tedesco, Negrita e Fedez dovranno fare una cosa veramente grossa per rubar loro lo scettro di miglior band del main stage.

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Bene, c’è un piccolo dettaglio: con 15 euro di ticket di ingresso non ci sono state solo le tre band del main stage, ma un intero villaggio con svariati palchi, stand di ogni genere e in ogni dove. Nei palchi “minori” hanno trovato spazio artisti anche di caratura internazionale, basti pensare agli Aucan e agli M+A, band italiane di profilo internazionale (i secondi suonarono lo scorso anno a Glastonbury) che si sono esibiti in uno dei due Circus Stage, quello sponsorizzato da Jack Daniel’s, situati al confine occidentale ed orientale dell’area concerti. Nell’altro Circus Stage, pubblicizzato dal leader mondiale del denim Isko, hanno trovato spazio in apertura il rock degli Anthony Laszlo che hanno poi passato il testimone a Dente, qui in veste di autore del libro “Favole per bambini molto stanchi” e di musicista in un esclusivo set acustico, Jack Savoretti, capace di radunare una grandissima folla in questo palco indoor, e lo Stato Sociale, che torna a esibirsi a due anni dall’ultima comparsa a Treviso città.

Alcuni hanno definito l’Home Festival di quest’anno come uno Sziget in miniatura, citando il festival più cool del momento; per quanto mi riguarda, è il desiderio di portare l’intimità, il rapporto diretto e l’umanità delle sagre di paese in una dimensione internazionale, frutto di un progetto che dura da anni e che sta raccogliendo ottimi consensi. E chi prende questa affermazione come negativa, non ha idea del lavoro, della serietà e della dedizione che c’è dietro l’organizzazione di qualsiasi rassegna. Su alcune cose l’Home Festival potrebbe migliorare (per citarne una, bisognerebbe dare maggior spazio all’offerta food alternativo al solito “cibo da festival”, spingendo sulle numerose eccellenze del territorio o sullo Slow Food), ma le solide basi gettate in sei edizioni possono solo portare grandi risultati da qui a venire.

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