Ha senso andare a vedere “Straight Outta Compton” nei cinema italiani? Se si aspetta ancora qualche giorno è facile che la cosa non si possa realizzare, visto che in buona parte delle sale il film ha resistito nelle programmazioni per la prima settimana; ma, per chi non lo avesse ancora visto, non resta che andarlo a vedere nel primo momento utile. Perché non servono tanti giri di parole per descriverlo dal punto di vista emotivo: è una bomba.
Chi crede che la pellicola sia la semplice biografia di un gruppo, capace di sfondare senza alcun supporto di una major discografica, parte con il piede sbagliato: “Straight Outta Compton” è il realtà uno spaccato più o meno fedele degli Stati Uniti a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. La musica ha quasi un ruolo secondario, una colonna sonora di un film di protesta sulle condizioni degli afroamericani delle periferie in quegli anni, una storia che completa “Selma”, il film sulle marce da Selma a Montgomery che hanno lanciato la figura di Martin Luther King e dato inizio alle battaglie sui diritti civili in Nordamerica.
“Straight Outta Compton” non è il capolavoro che in molti hanno dipinto. Ad essere sinceri è un film ricco di luci ma anche di ombre. Una critica che in molti hanno mosso è il fatto che la regia abbia un’impostazione fin troppo televisiva; ma il problema è relativo, visto che non è tanto un problema del medium cinematografico, ma del fatto che il gap tra prodotto televisivo e cinematografico si è ridotto di molto negli ultimi anni, grazie ad opere del calibro di “True Detective” e “House Of Cards” (giusto per citare due serie degli ultimi anni). Il problema è che “Straight Outta Compton” è in realtà una clamorosa operazione di pulizia delle figure di Dr.Dre, Ice Cube ed Eazy-E, casualmente tutti e tre coinvolti nella produzione del disco (l’ultimo rappresentato dalla moglie). Se uno non conoscesse i fatti salienti delle vite dei tre artisti (nota: gli altri due hanno nella pellicola un ruolo paragonabile a quello di soprammobili), penserebbe che i primi due siano dei geni assoluti, la cui vita viaggia tra studio e casa (con qualche festa ogni tanto), un po’ ingenui ma dotati di gran cuore e che Eazy-E sia morto di AIDS per un rapporto non protetto fatto in un’unica occasione nel loro primo tour nordamericano.
In realtà lo sanno anche i muri che Ice Cube non fosse uno stinco di santo, pur essendo stato dei tre quello con la vita più “tranquilla”. Ma le volute dimenticanze per gli altri due superano il confine dell’imbarazzante. Della misoginia, dei problemi familiari (prontamente risolti al primo segnale di successo) e della dipendenza all’alcol di Dr.Dre vi sono solamente alcuni indizi non facili da cogliere, tra cui la fuga della moglie con figlia al seguito che nel film viene proposta in maniera totalmente slegata e spiegata in un modo che non sta in piedi. Come viene illustrata da un punto di vista quasi assolutorio tutta la parentesi della sua vita legata alla Death Row Records e il rapporto con Marion “Suge” Knight: la figura dell’ex giocatore di football americano, arrestato ad inizio 2015 per omicidio, da questo film ne esce con le ossa rotte, l’uomo che fu la causa di tutte le vicende oscure ed è a conti fatti la cosa più veritiera di tutto il film, viste le numerose infrazioni alla legge fatte da lui stesso nel corso degli anni. Il vero protagonista del processo di beatificazione è però Eazy-E, l’unico deceduto degli NWA qui presentato come una figura quasi pulita. Certo, per diversi anni ha fatto i soldi come spacciatore; certo, il suo rapporto con il manager Jerry Heller (qui interpretato da un leggendario Paul Giamatti) non è stato del tutto trasparente; certo, gli piaceva scopare e lo si capisce in diversi passaggi. Ma quello che emerge dal film è il ritratto di un uomo proveniente da un quartiere malfamato che fa quello “per vivere” e che si è trovato per puro caso in un circo più grande di lui.
“Straight Outta Compton” può essere considerato un film quasi documentaristico, vista la ricostruzione fedele di ogni sfumatura di quel periodo. Un ruolo importante lo ha ricoperto la scelta degli attori, per i quali in molti casi sono stati coinvolti dei sosia, uno tra tutti quell’O’Shea Jackson Jr identico al padre Ice Cube. Inoltre molti eventi o aneddoti vengono riportati nel minimo dettaglio, partendo da una festa in piscina (il cui filmato originale verrà proiettato nei titoli di coda) e arrivando al rapporto brutale tra polizia e residenti del quartiere di Compton, molto spesso vittime di inutili perquisizioni ed arresti. La dettagliata ricostruzione storica spinge gli autori a dedicare una ampia parentesi alle Los Angeles Riots del 1991, iniziate nel marzo di quest’anno a seguito della brutale aggressione da parte della polizia di Rodney King, assalto che fece emergere il fatto che a distanza di anni il problema del razzismo negli Stati Uniti era ancora vivo e vegeto.
Tanti i momenti da pelle d’oca in ambito musicale, tra i quali vale la pena citare tre istantanee. La prima è la registrazione di “Boyz-N-The-Hood”, il debutto di un impacciato Eazy-E nel mondo del rap. La seconda è la “brutale” trattativa tra Ice Cube e il discografico della Priority Records per ottenere fondi per la registrazione del seguito di “Amerikkka’s Most Wanted”. Ma vi sfidiamo a non far scendere la lacrimuccia nel sentire Dr.Dre che propone la base di “California Love” negli studi della Death Row Records ad un 2Pac così identico all’originale da sembrare l’ologramma proposto al Coachella di alcuni anni fa.
Tornando alla domanda iniziale… è necessario andare a vedere “Straight Outta Compton” al cinema? Se dovessimo fare un’analisi oggettiva, sinceramente no, anche solo per il fatto che il doppiaggio in italiano fa perdere molte delle sfumature presenti nel film in lingua originale. La speranza è che questo film funga da apripista per una serie di pellicole biografiche sui più importanti artisti hip hop e rap nordamericani degli ultimi trent’anni. E, per aiutare le grandi case d’Oltreoceano, spariamo tre temi: un film sui Run DMC, uno sulla faida tra East Coast e West Coast degli anni Novanta e uno sui Beastie Boys, magari diviso in due volumi tra la loro era punk e quella hip hop. Se dovessero partire, soprattutto l’ultimo, siamo pronti con un centone a finanziare il progetto.