Si può vivere di rendita, ma con stile. E se a farlo sono Offspring e Dead Kennedys, che dal punto di vista di nuove pubblicazioni vantano un silenzio più o meno lungo, quello che per band più giovani può essere una leva non facile da utilizzare in un concerto, è invece un plus per band che di fatto hanno inciso pezzi di storia del punk internazionale. Un influenza importante anche per gli Ignite, la band di apertura che con il suo hardcore melodico, oltre a scaldare il già numeroso pubblico, testimonia con la sua opera l’affetto e la riconoscenza per un genere nel quale impegno politico e senso di fratellanza sono colonne portanti.
Con i Dead Kennedys è necessario partire da due presupposti: la band sente fin troppo il peso degli anni, anche dal punto di vista esecutivo, e Ron “Skip” Greer è fin troppo un emulo del suo illustre predecessore Jello Biafra. Detto ciò, i Dead Kennedys del 2019 rimangono sempre una di quelle band da vedere almeno una volta nella vita: storia dell’hardcore punk e ispiratori di moltissime band arrivate dopo di loro, i californiani saranno anche arrugginiti ma non hanno perso un grammo della classe e dell’attitudine che li ha portati nel posto che meritano nei libri di storia. Autori di brani leggendari come “Kill The Poor” (introdotta come proposta per risolvere il problemi nel mondo), “Holiday in Cambodia”, “Police Truck” e “California Über Alles”, il quartetto non sbaglia un colpo a livello di scaletta, coinvolgendo con un sound che sconfina anche oltre il punk, come ad esempio la matrice rock and roll testimoniata anche dalla cover di “Viva Las Vegas” di Elvis Presley suonata verso la fine dell’esibizione. Non manca infine la matrice politica, ben esplicitata nel classico “Nazi Punks Fuck Off” introdotta con una pesante critica nei confronti di Donald Trump.
Gli Offspring sono ormai diventati una barca a vela che naviga da sola: non sono autori di momenti geniali, ma neanche tradiscono in maniera plateale le attese dei fan. Sanno benissimo cosa vuole il loro pubblico e non si cimentano in sperimentazioni, escludendo una cover di “Whole Lotta Rosie” degli AC/DC piazzata a metà serata. Il nucleo dell’intero concerto, per non dire la parte preponderante, è la fase più fortunata della loro carriera, sia dal punto di vista artistico che commerciale, quella che parte con “Smash” e che si chiude inizialmente con “Conspiracy Of One”: un quinquennio nel quale Dexter Holland e soci hanno inciso brani pazzeschi come “Self-Esteem”, “Come Out And Play”, “The Kids Aren’t Alright”, “Want You Bad” e “Gone Away”, per citare episodi più o meno conosciuti da tutti. Una band con il pilota automatico ma che fa sparire senza alcun dubbio l’opaca prestazione di due estati fa sempre a Lignano Sabbiadoro, al tempo protagonista di uno show fiacco e non esaltante. Merito di ciò, soprattutto ma non solo, anche del rientro di Noodles, che un paio di anni fa non andò in tour per la prima volta dalla nascita della band e qui tornato in pianta stabile in lineup: musicista di chiara scuola Kiss, con movenze e attitudine che si ispirano alla leggenda Paul Stanley, il suo ritorno live è stata la più bella notizia e il più grande punto di forza della serata degli Offspring che solo su “Why Don’t You Get a Job?” mostrano un senso di smarrimento. Unica piccola ombra in una serata che ha portato due leggende e una band da approfondire del panorama punk rock internazionale con un’ottima affluenza, tenendo anche conto della giornata di Ferragosto.